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Il Tirreno degli sprechi


Il Tirreno degli sprechi

Opere inutili, inutilizzate, abbandonate


Vittorio Brumotti, detto “bombazza” atterra con la sua bici , nella Piscina comunale e sull’aviosuperficie di Scalea, insieme alla troupe di “Striscia la notizia”, ed ecco le redazioni nostrane e sindaci tremare. Già perché qui, da noi , un certo di tipo di giornalismo, si intende farlo senza parteggiare con nessuno, stando in alta quota, per non mettersi contro nessun sindaco, perché “non si sa mai”. E quando si parla di nostri problemi se ne parla sempre cercando di non indispettire nessuno. Ma se arriva Brumotti, le cose cambiano, e si cerca di rigirare la frittata a proprio favore, facendo dire che proprio in questi giorni ci si stava dando da fare, per attivare un finanziamento, o fare una nuova delibera, o telefonare a tizio e caio nel parlamento o alla regione come ha fatto il nuovo sindaco di Scalea, Basile, subito dopo aver saputo dell’incursione di Brumotti. Favolette, nelle quali il buon Brumotti non crederà di certo. Noi di Mezzoeuro dell’aviosuperficie ce ne siamo accorti già da diversi anni. Della sua inutilità e soprattutto della sua non funzionalità. Lo abbiamo ripetuto più volte. Quell’avio superficie per funzionare davvero come aereoporto ha bisogno di ulteriori grossi finanziamenti e soprattutto dell’allungamento della pista verso il mare, dal momento che chi l’ha progettata l’ha incastonata a confine fra la superstrada ss 18 e la linea ferroviaria.



Che l’avio superficie non potesse “decollare” lo sapevano tutti. Lo sapeva il consigliere provinciale del PDL ed ex sindaco di Scalea , Mario Russo che sin dall’inizio la chiamava aeroporto , ben sapendo che non lo era; lo sapevano i progettisti, lo sapevano i vari consorzi che si erano formati sin dall’inizio della costruzione dell’opera, lo sapevano anche i partiti politici di Scalea, che nulla avevano fatto per evitare la cementificazione dell’argine sinistro del Fiume Lao e la nascita quindi di un lungo serpentone in cemento. Un opera, anche se inutile , non si contrasta mai, anzi si cavalca sempre. In tempi di grande disoccupazione un posto di lavoro ci potrebbe sempre uscire ! E questo anche se il Fiume Lao rompe gli argini ed invade l’aviosuperficie rompendo metri di muro protettivo. Muri che poi vengono riparati con soldi del Comune di Scalea e quindi dai cittadini che pagano le tasse. L’opera, per chi non lo sapesse, è costata fino ad ora 24 miliardi di vecchie lire,( resta in cassa un miliardo di vecchie lire ancora da spendere per le rifiniture) , ed è classificata come avio superficie. In parole povere si è costruito un serpentone di cemento sul quale “a vista” , e cioè senza radar, dovrebbero atterrare piccoli aerei da turismo trasportanti un massimo di 9 persone per volta. Il progetto venne approvato attraverso i Patti territoriali dell'Alto tirreno cosentino  ed è stato presentato come utile agli aerei della protezione civile, al trasporto di merci di natura agricola, oltre che per lo sbarco di ben 74 mila passeggeri all'anno. Ma quello che ora , veramente bisognerebbe verificare è l'effettiva utilità dell'opera e quello che come si usa dire il  costo beneficio. Tale struttura , intanto,non è contemplata nel “Piano Nazionale dei Trasporti” ed è appena accennata al punto 4.3 unicamente dal “Piano Regionale”  il quale così riporta: “…Analogamente è prevista la realizzazione di un aeroporto d’interesse locale nell’area dell’Alto Tirreno Cosentino,in prossimità del Comune di Scalea”. E analizziamo i dati ufficiali : previsti 74mila passeggeri,1350 tonnellate di trasporto merci e 95 posti di lavoro. Prendiamo i dati dei passeggeri. Bisogna dire che l'aviosuperficie non è altro che un grande pista di cemento che occupa una lunghezza di 2 chilometri per trenta metri di larghezza per un totale di 260 mila 515 metri quadrati. Su questa pista potranno atterrare solo voli charter o aerotaxi fino ad un massimo di 9 passeggeri ed a vista , cioè senza alcun sistema di assistenza radar ,esclusi, naturalmente quelli in dotazione del pilota dell'aereo. Questo vuol dire che , per raggiungere la cifra dichiarata nel progetto , di  74 mila passeggeri, si dovrebbero effettuare su Scalea fino a 8 mila voli all'anno, cioè 23 aerei al giorno ! L’altra opera segnalata da Brumotti su Striscia la Notizia era stata già segnalata ben due anni fa da Palmiro Manco, allora segretario dei verdi di Scalea. La piscina costò 800 mila euro e non è stata aperta al pubblico perchè manca un lotto di 150 mila euro per essere messe a norma. Resta il mistero su come Brumotti sia riuscito ad entrare dal momento che quando Manco svelò per la prima volta la piscina questa era aperta e nelle mani di vandali notturni. La piscina poi venne chiusa ed ora Brumotti vi è entrato di nuovo.  Ma di opere abbandonate nell’alto tirreno cosentino ce ne sono davvero molte. Brumotti e Striscia la Notizia dovrebbero trasferirsi qui per almeno un paio di mesi. Opere abbandonate e mai inutilizzate più volte da noi segnalate. Solo nel  2002 riuscii a far venire le Iene, grazie alla mia conoscenza personale con il giornalista Alessandro Sortino. Sortino arrivò per tre grosse opere allora  abbandonate.  Una era il Palazzo del Principe a San Nicola Arcella , ancora oggi abbandonata, l’altra l’Ospedale di Scalea, occupata in parte solo al primo piano, e la casa degli anziani a San Nicola ora completamente operativa e ben funzionante.


La storia del  Palazzo del Principe a San Nicola A. è abbastanza complessa. Esiste un balletto di carte fra Provincia, Comune e Soprintendenza, sulla possibilità che questa struttura diventi un polo culturale, ma tutto resta sulla carta, così come restano sulla carta le richieste di finanziamento avanzate dal Comune di San Nicola alla Regione Calabria. Resta intatta la bellezza del luogo per fortuna , anche se la strada che porta al  Palazzo è dissestata  , nonostante nelle sue vicinanze vi siano delle ville di personaggi altolocati ed influenti.  Ma come comincia la storia del Palazzo del Principe Lanza ?  Una delibera del CIPE nel dicembre 1989 ne autorizza il finanziamento ed arrivano così alla società immobiliare concessionaria dell’immobile per conto del Ministero dei Beni Ambientali ben 12. miliardi e 472. Milioni di vecchie lire. Una cifra spaventosa per quegli anni. Cifra che avrebbe dovuto levitare fino a 27 miliardi. Ma il meccanismo si inceppò. Alla giunta di San Nicola , al tempo dei fatti,  retta dal sindaco Biagio Arieta , il progetto non piace. Capiscono la possibilità che tutto gli venga scippato  e non ci stanno a vedersi espropriare dal Ministero un bene fino ad allora considerato del Comune .  Inizia così  una raffica di denunce e di delibere di giunta per fermare tale scempio “ristrutturativo”. Nel progetto presentato  era prevista la creazione anche di un grande teatro a pochi passi dal Palazzo ed una serie di altre strutture ricettive. All’interno di tutto questo figurava  il figlio dell’ex ministro Riccardo Misasi, Maurizio. A differenza del padre impegnato nella politica , Maurizio di professione fa l’attore ed  evidentemente pensava di poter costruire a pochi metri dalla villa di proprietà del padre una struttura teatrale da poter gestire, creandovi un  polo culturale di valenza internazionale. Grazie alle amicizie politiche del padre, i soldi arrivarono e il palazzo cominciò a prendere una sua forma. Ma insieme ai soldi arrivò anche l’inchiesta della magistratura paolana e con essa gli arresti. Le agenzie Ansa di tutta Italia così scrissero:  (7 luglio 1993) “I carabinieri della compagnia di Scalea hanno arrestato stasera Maurizio Misasi di 35 anni figlio dell’on.Misasi, democristiano ex ministro della pubblica istruzione.  Con Misasi è stato arrestato Aldo Ceccarelli di 59 anni, sovrintendente regionale ai beni culturali e ambientali della Calabria. L’arresto di Misasi e Ceccarelli è stato  fatto in esecuzione di un ordine di custodia cautelare emesso dal Gip del Tribunale  di Paola Gaetano Eboli su richiesta del Sostituto Procuratore della Repubblica Francesco Greco. L' arresto di Ceccarelli e diMisasi, secondo quanto si e' appreso,  si collega all' inchiesta avviata da alcuni mesi dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Paola, sotto le direttive del procuratore Tommaso Arnone, sui presunti illeciti connessi ai lavori di ristrutturazione del ''Palazzo del Principe'' di San Nicola Arcella. I lavori di ristrutturazione sono stati eseguiti con un finanziamento Fio per circa 28 miliardi di lire. Secondo quanto emerso dalle indagini, nella vicenda ci sarebbero stati episodi di corruzione in relazione alla concessione e all' utilizzo del finanziamento  con fondi Fio.Misasi, in particolare, secondo l' accusa, avrebbe svolto un ruolo di  mediazione. L' operazione che ha portato all' arresto di Ceccarelli eMisasi e' stata diretta dal comandante della compagnia di Scalea dei carabinieri, capitano Angelo Giurgola. Il Palazzo del Principe -  riporta sempre una nota ansa- è di proprietà di una società di Napoli, la Mediterranea spa che aveva incassato l’indennizzo per l’esproprio del monumento in base alla valutazione fatta dall’Ufficio tecnico erariale  di Cosenza. L’esproprio tra l’altro sarebbe stato definito quando già i fondi FIO erano  stati erogati per evitare i rischi di una possibile mancata concessione del finanziamento”. Fin qui la nuda cronaca di quegli anni che coinvolse altri grandi personaggi dell’epoca. Ma di quell’inchiesta oggi non resta nulla e pochi ricordano di quanto è avvenuto.  Tutti gli imputati ottennero gli arresti domiciliari da lì a qualche settimana ed essendo stato tirato in ballo nell’inchiesta anche l’ex ministro Misasi, il tribunale dei Ministri  avocò a sé tutta l’inchiesta scippandola di fatto al Tribunale di Paola. Nel 97 i reati vennero prescritti e sia il Tribunale dei ministri che quello della Procura di Roma avviò l’archiviazione del caso. La memoria si affievolisce , ma il palazzo nella sua imponenza, quasi a sfidare il tempo  è ancora lì che aspetta di essere utilizzato.



Semi utilizzato è invece la struttura che viene conosciuta come Ospedale di Scalea. Oggi il piano terra è utilizzato come ufficio Asl. Si fanno le prenotazioni per visite domiciliari, distribuzione assistenziali, farmacia, visite ambulatoriali varie, e Sert. Ma il resto della struttura e cioè i due piani soprastanti è in completo abbandono.



Ancora un opera che doveva essere un centro per anziani si trova in località Trifari di Belvedere m.mo.  Occorrono  tre quarti d’ora di auto per giungerci dalla costa. Una strada molto panomarica che sale dal livello del mare per 700 metri di altezza. Una volta giunti a Trifari ci si trova proprio sotto il Monte Caccia ed il Monte Cannitello. Si tratta di una costruzione alta tre piani poggiata su una grande piattaforma di cemento con ampi sotterranei. La costruzione doveva essere una Chiesa con annesso ospizio per anziani. Il luogo scelto dal parroco del paese, Don Erminio, deceduto qualche anno fa, è davvero suggestivo e la vista che si vede dall’ampio terrazzo che circonda la costruzione ne è segno evidente. Un grande portale finemente intarsiato da un falegname di Belvedere è l’unico segno che ci porta ad una Chiesa . Tutto è abbandonato . Le sterpaglie fanno da padrone e l’unico posto accessibile sono i magazzini sotterranei  dove vi  sono decine di bancali con migliaia di mattonelle nuove con le quali si sono divertiti i soliti vandali lanciandole contro vetrate e mura. All’interno da piccoli spiragli fra i mattoni, sono visibili dei disegni raffiguranti figure religiose, nessuna altra rifinitura. L’opera sarà costata centinaia di milioni di vecchie lire e certamente non è stata finita per la mancanza di nuovi finanziamenti 

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Da Trifari percorrendo una stradina di campagna ma ben asfaltata mi sposto nel comune di Buonvicino. Qui altre due opere pie e sante risultano abbandonate. Una è l’enorme statua di San Ciriaco posta su un enorme basamento che avrebbe dovuto essere un Museo religioso, l’altra è un bellissimo gruppo di case costruito al fianco della Chiesetta della “Madonna della Neve” dove una volta vi era un rifugio per i pellegrini.

La statua di San Ciriaco troneggia su una roccia da dove qualche anno fa  in occasione delle festività per il santo  si staccò un enorme masso che piombò proprio al centro della piazza per fortuna non ferendo nessuno dei  presenti. Ora il masso è diventato un monumento quasi miracoloso e posto su un piccolo piedistallo a ricordo del pericolo scampato. Ma il basamento resta lo stesso vuoto e non finito facendo brutta mostra di sé in una zona delle più belle del Pollino. Salendo per la stessa strada della statua si giunge alla Madonna della Neve. La nuova costruzione sembra un enorme albergo ed invece dovrebbe diventare un luogo per convegni e chissà cosa. Da poco finanziata , il costo totale ha raggiunto i due miliardi di vecchie lire , ma nessuno sa cosa farne. Resteranno a memoria futura  a ricordare la stupidità dell’uomo nell’ intervenire nella natura devastandola con opere inutili ed inutilizzate.



Scendendo più a sud eccoci a Bonifati. Qui è bloccata per visi procedurali e per non aver rispettato le norme di sicurezza un Palazzetto dello Sport. Si tratta di una megastruttura enorme, fatta di un enorme muraglione in cemento e di un incredibile altezza, incastonata a pochi metri fra una scuola media, una scuola elementare, degli edifici pubblici ed una strada. Una megastruttura di circa 17.000 metri cubi che occuperà alla fine dei lavori,  1.627 mq dell'area prescelta destinata precedentemente a verde pubblico e che poteva essere un polmone verde per le due scuole vicine.  Il terreno interessato che misura mq 3.727 è stato acquisito non con un esproprio salvo indennizzo per il quale sarebbe stato valutato secondo i costi di mercato, ma con un accordo comune-privati, che ha fatto lievitare il prezzo, dopo che si è ravveduta una pubblica utilità, per cui per ottenere il titolo di proprietà del terreno, si è scelto di acquisirlo anziché espropriarlo quando la legge offre un modo di acquisto della proprietà che tutela sia l'interesse pubblico (con l'esproprio), sia il privato (con l'equo indennizzo). Il prezzo di conseguenza appare eccessivo. Le distanze tra l'impianto sportivo da costruire e gli edifici scolastici esistenti, con le strade esistenti non sono conformi alle norme tecniche di attuazione in quanto non viene rispettato il rapporto degli indici previsti dall'articolo 23 del regolamento edilizio, come del resto non si rispetta la specifica disposizione che prevede il 70% della superficie deve essere piantumata con alberi ad alto fusto e sistemata a parco o a bosco.  



A pochi chilometri da Bonifati eccoci a Guardia Piemontese Terme. Il paese è conosciuto , per condividere insieme al comune di Acquappesa , un complesso termale, fra i migliori d’Italia. Le terme sono conosciute per la presenza dello zolfo che ne fa nel campo dei fanghi una delle stazioni più ricercate. Il complesso termale è dotato di alberghi e di varie strutture che ne rendono piacevole il soggiorno. Ma il fiore all’occhiello di questo complesso doveva essere il centro congressi. Già doveva, non perché non ne abbia mai avuto i finanziamenti e la possibilità di realizzarlo. Doveva, perché lo ha avuto il centro congressi ed anche costruito  dopo aver utilizzato un cospicuo finanziamento di diversi miliardi di vecchie lire. Ma mai terminato. Il centro congressi resta lì, da circa quindici anni,  imponente nella sua architettura, rigida e articolata, circondato da sterpi e vari rifiuti, oltre che da una palizzata oramai completamente arrugginita. Nel centro si entra facilmente, e qualcuno negli anni passati lo ha già fatto asportando quanto poteva essere necessario alle sua bisogna. Ora è completamente spoglio al suo interno. Il grande palco del centro presenta una enorme infiltrazione d’acqua che ha trasformato tutta la base del palco in un enorme piscina. Infiltrazione d’acqua che nel tempo potrà senz’altro rappresentare un indebolimento di tutta la struttura condannandola all’abbandono definitivo. E’ mai possibile che un paese come Guardia Piemontese non abbia mai trovato negli anni passati finanziamenti per terminare questa bellissima struttura che potrebbe essere non solo di attrazione turistica e culturale per lo stesso paese ma diventare un attrazione per tutta la costa tirrenica che al momento non possiede in nessun altro paese una struttura di questo genere ?



Da Guardia ci spostiamo adesso verso Fagnano Castello e precisamente ci dirigiamo verso il Parco Naturale del Monte Caloria nei pressi del Lago Paglia. Dal mare, in nemmeno tre quarti d’ora siamo in aperta montagna ed in una zona piena di faggi che è stupenda. Un bosco infinito di alberi, che con il fogliame rosso, formano un tappeto naturale unico. Sono questi posti magici che rendono unica la nostra Calabria e che ti fanno innamorare continuamente di questa terra nonostante i sindaci, gli amministratori e governatori e soprattutto nonostante i tanti politici che riempiono la testa alla gente di false promesse ed insulsi programmi mai attuati. La strada ben mantenuta e pulita si inerpica fino a raggiungere ai lati del lago Paglia una grande pianura dove trovi diverse strutture ben costruite. Da lontano sembra arrivare ad un rifugio dove potrai bere qualcosa di caldo e volendo, restarvi a dormire per meglio gustare la natura circostante . Ma, man mano che ti avvicini vedi che qualcosa non quadra. Le strutture sono tutte aperte. Porte e finestre spalancate e tutto si vede è nelle mani di vandali e anche di mucche al pascolo che vi entrano liberamente defecandovi in tutte le stanze. Tutto ciò che era asportabile è stato asportato. Resta qualche bancone nella reception ed ancora qualche depliant sparso per terra, a testimonianza che qualche volta questo luogo è stato funzionante. In un depliant trovato a terra c’è scritto: " un paradiso incontaminato pronto ad accogliere i vostri desideri". Sembra una pigliata in giro.  Le strutture vennero costruite con i finanziamenti della Comunità Montana Unione delle Valli. Un finanziamento di oltre tre miliardi, che doveva servire a creare un punto di ristoro, albergo e campeggio in questo bellissimo luogo. La Comunità Montana ha quindi passato la struttura al comune di Fagnano, che non sapendo come gestirla ha ben pensato di affidarla ad una società di gestione di villaggi e alberghi, la quale evidentemente non ne ha fatto nulla abbandonando il tutto ai vandali. Anche in questo caso giriamo la domanda, agli enti preposti al controllo di questo bene comune, al comune stesso, e se ancora ne gestisce la struttura alla società che dovrebbe farlo e che non lo fa lasciando tutto al degrado. Noi come al solito di fronte a tutto questo restiamo in silenzio sfogandoci solo nello scrivere, forse inutilmente, in attesa di qualche politico o di….Striscia la Notizia ?
di Francesco Cirillo su Mezzoeuro 9 aprile 2011


SALVIAMO I BOSCHI DI PAPASIDERO

DALLA STRADA SCALEA MORMANNO


Spettabile Commissione Europea,
desidero portare alla Vostra conoscenza il progetto che la Provincia di Cosenza sta per realizzare per l'"ADEGUAMENTO DELLA STRADA PROVINCIALE EX SS 504 SCALEA-MORMANNO" in Italia, per la precisione in Calabria in provincia di Cosenza in un territorio di grande interesse naturalistico che comprende il Sito di Interesse Comunitario "Valle del Fiume Lao" (la zona fa anche parte del Parco Nazionale del Pollino ed è una zona di protezione speciale ZPS). Sono preoccupato perchè nel progetto è prevista la realizzazione di una strada molto più ampia che comporterà l'abbattimento di molti alberi, l'investimento da  parte delle auto di molti animali selvatici data l'alta velocità su questa strada, la cementificazione di lunghi tratti e che potrebbe deturpare il paesaggio determinando anche la crisi del turismo legato alla natura del luogo.  Sarebbero innanzitutto abbattute, forse fra poche settimane, numerose querce da sughero (Quercus suber) secolari nel territorio tra Scalea e Santa Domenica Talao. Il progetto (vedi foglio1, foglio 2 e foglio3) risulta anche molto invasivo per il territorio di Papasidero (al centro del SIC IT9310026, oltre che parte del Parco Nazionale del Pollino e ZPS) dove si prevede, come potete vedere dal foglio2 allegato a questa email, addirittura la realizzazione di una galleria (!) e di un viadotto (!!"ponte") che attraversa il fiume S. Nocajo, immissario del Lao, che come il Lao stesso ospita ancora la Lontra (Lutra lutra) protetta da normative internazionali (vedi allegato prigioni EEE 17 2005 171-180.pdf dove si segnala il Lao ed il S.Nocajo per la presenza della  Lontra).  Anche a Papasidero la strada dovrebbe essere allargata e questo comporterebbe l'abbattimento di alberi lungo il percorso, cementificazione, espropri di poderi a contadini e pastori e deturperebbe il paesaggio suggestivo del SIC IT9310026 che è patrimonio di tutti i cittadini dell'Unione Europea.Vi allego anche una foto (DSC04335.JPG) del territorio di Papasidero dove dovrebbe essere realizzato il viadotto ed il tunnel. Il viadotto dovrebbe congiungere le due sponde del fiume S. Nocajo poco dietro la chiesa gialla in basso nella foto. Naturalmente come notate la zona è ricca di boschi che potrebbero essere tagliati.  In conclusione sono molto preoccupato per quest'opera che non mi sembra compatibile con l'importante situazione ecologica in cui verrebbe a trovarsi e desidero che Voi interveniate a riguardo proteggendo l'ambiente anche in questo  caso.Spero di ricevere presto la Vostra risposta.
Distinti saluti,

Dr. Giovanni N. Roviello
CRdC DFM - CNR
Napoli- Italia
LA CONFERENZA DEI SERVIZI DEL 1°AGOSTO 2005 SULLA STRADA SCALEA MORMANNO


CEMENTO ROSSO ( 1)
di Francesco Cirillo su Mezzoeuro del 25 Marzo 2006
Rifondazione Comunista, Legambiente, WWF, e le altre sigle ecologiste che da qualche anno hanno preso a cuore la situazione di Diamante, con diverse denunce alla Procura della Repubblica di Paola, dovrebbero spiegare perché a Diamante anche una punta di spillo messo su un tronco d’albero diventa motivo di “battaglia ecologica”, ed a Belvedere invece è permesso tutto ?  Non che a Diamante non siano avvenuti degli scempi e bene hanno fatto gli ambientalisti tutti a richiamare l’attenzione e la sensibilità della cittadinanza verso delle cose che potevano evitarsi . Ma lo stesso avviene anche  in altri paesi  della costa tirrenica. Forse il cemento di Belvedere è più leggero di quello che viene usato a Diamante ? O forse il cemento quando è “rosso” si vede di meno ? salta agli occhi di tutti anche leggendo la stampa regionale come Diamante sia quasi ogni giorno  nel mirino, ( il corrispondente del Quotidiano della Calabria, Matteo Cava ha egli stesso dichiarato che dal 2004 ad oggi ha scritto circa 600 articoli solo su Diamante !)  mentre altri paesi della costa, non solo Belvedere, ma anche Praia a Mare dove si è spenta la “rivolta” contro l’albergone davanti l’isola di Dino che è arrivato indisturbato al suo quarto piano, o a Bonifati dove si tace sulle traversine all’amianto posizionate sulla spiaggia o sul mega palazzetto dello Sport,   sembrano oasi di pace, di tranquillità, dove solo gli uccellini si sentono cantare ogni mattina , piuttosto che il rombo delle ruspe e delle gru. Questo tipo di ambientalismo, condizionato dai partiti, nuoce alla salute. Discredita chi veramente lotta per l’ambiente , ferma la volontà dei cittadini di partecipare alla vita associativa, intravedendo nelle azioni politiche attraverso la stampa o attraverso gli arrivisti della magistratura che cercano a tutti i costi i titoloni sulle prime pagine, solo strumentalizzazioni politiche e conteggi elettorali. C’è chi cade nella trappola mediatica. C’ è molta gente che è giustizialista e vedrebbe volentieri in galera sindaci, amministratori, ma anche politici onesti ma testardi, e naturalmente anche  coloro che non sono intruppati in nessuna lobby partitica.  Belvedere e Bonifati sono casi emblematici di questo ragionamento. I sindaci di questi due paesi sono “coperti da sinistra” e da alcune associazioni ecologiste cadute nelle mani di esponenti di partiti di sinistra  che usano diverse sigle a proprio piacimento, ma tutte riconducibili alle stesse persone o a parenti di queste. Questi sindaci vengono da esperienze diverse ma sono accomunati entrambi dalla voglia di cementificare i propri paesi continuando l’azione delle amministrazioni precedenti.   

L’ultima delibera approvata la settimana scorsa in consiglio comunale a Belvedere M.mo butta tonnellate di cemento sul già tormentato territorio devastato da frane naturali e dalle ruspe dei costruttori. Una giunta di sinistra, nata con speranze di recuperare un territorio devastato e scempiato dalle precedenti giunte forzaitaliote si è avviata verso la distruzione completa di ciò che rimaneva ancora intatto.  Neanche le coste sono state risparmiate, e gli alberghi spuntano come funghi a pochi metri dal mare. Dopo Calabaia, una splendida parte di verde rimasta intatta per tanti anni, ora tocca alla Baia degli Ulivi. Parole che non rispecchiano assolutamente ciò che dovrebbero rappresentare in quanto di ulivo non c’è assolutamente nulla , se non l’appartenenza politica della giunta.  L’allarme contro la nuova devastazione a Belvedere , parte da un blog.     ( http://laltrasinistra.mioblog.net/ )  . In una lettera aperta a Rifondazione Comunista che ha una assessore in giunta si legge :  “ Cara rifondazione,  non basta leggere in consiglio comunale un documento, condivisibile ma tardivo, di contrarietà alle scelte urbanistiche della giunta del sindaco D ’Aprile per poi votare a favore la variante al PRG che consente di fatto la realizzazione dell’ennesima struttura alberghiera in località “Baia degli ulivi”, a pochi metri dal mare sacrificando una strada che dal territorio di Belvedere, anche se per pochi metri, passa al comune di Sangineto. Ci vuole coraggio a giustificare tale scelta che porterà inevitabilmente colate di cemento su di un tratto di costa già compromesso dalla speculazione edilizia definendola “riqualificazione urbana”.
In effetti la delibera di  consiglio concede  la possibilità al costruttore, spostando la strada, che era un accesso al mare  che spezzava in due il suo terreno , di costruire l’albergo usufruendo per intero della volumetria. I belvederesi non solo perderanno il verde di fronte al mare, ma anche l’accesso al mare. Tutta Calabaia è  già invasa dal cemento e l’albergo sta per essere ultimato, mentre a  poche centinaia di metri più a nord fervono i lavori per bloccare l’avanzata del mare. Già perché si da l’autorizzazione a costruire a pochi metri dal mare in una zona dove le carte topografiche della Regione indicano con un segno rosso tutta la costa ad alto livello erosivo.Per proteggere gli alberghi si  sbancano le montagne, ed in questo caso le montagne sono quelle di Maierà. Una cava aperta in zona Parco del Pollino, con tanto di autorizzazione sta smantellando non solo la montagna ma anche le strade che attraversano i camion. Tonnellate di pietre vengono portate su fragili camion, che scendono dalla località Felicetto di Diamante, sobbarcando del loro peso i ponti della strada che porta alla variante ss 18. Da qui arrivano a Calabaia ed è qui che scaricano la montagna di Maierà. Quelle pietre servono a salvare gli alberghi di Calabaia ed ora anche quelli di Baia degli Ulivi. Chiaramente tutto avviene con tanto di autorizzazione provinciale e regionale. In una regione di centrosinistra dove il territorio ancora oggi continua ad essere devastato. L’unica cosa che preoccupa gli assessori regionali verdi, bianchi , rossi e a pallini è che il mare sia pulito per un mese all’anno. Poi per quanto succede sulla costa, al suo interno,  è materia solo di convegni e proclami.  E’ indicativo quanto scrive un cittadino di Belvedere sul blog : “ Vedo che continua l’accecamento di quelli che dovrebbero garantirci una vivibilità cittadina sana. In riferimento alla tregua edilizia io esterno più che altro un dolore di un cittadino che ama vivere in Belvedere, di quanto si stia continuando a soffocare l’orizzonte di un paese che, come inno dovrà presto chiedere prestito ai Pink Floyd con “The Wall”, vorrei sdrammatizzare ma non ci riesco. Mentre siamo preoccupati ad ascoltare “Berlusconi nel paese delle meraviglie” la nostra sinistra mutata geneticamente mostra segni di non curanza ambientale, disamore verso il luogo per una nascita de “L’ALTRADESTRA”… “

 A Bonifati non sembra diversa la situazione. Dopo l’albergone di Praia a Mare stanno per avviarsi i lavori di un grande nuovo ecomostro. Questa volta non è un albergo come quello di Praia , né un Palestrone come quello di Cirella, ma trattasi di un Palazzetto dello sport. Struttura mastodontica, finanziata dalla Provincia, che era stata avversata violentemente, quando al comune c’era il centrosinistra di Cristoforo, dai Circoli di Rifondazione Comunista e dal Circolo di AN  di Bonifati. Le argomentazioni erano abbastanza concrete, ma poi grazie all’interessamento delle federazioni nazionali e regionali , il circolo di rifondazione che era riuscito a far portare in consiglio provinciale le proprie obiezioni, per le solite “ragioni di stato” ha ritirato tutto ed ora che i lavori stanno per iniziare tutto va bene. Di conseguenza stanno in silenzio la Legambiente del tirreno di cui il presidente è lo stesso di Rifondazione Comunista, il WWF di cui il responsabile è sempre di rifondazione comunista e tutte le altre sigle del tirreno tutte appartenenti allo stesso partito. Eppure la struttura è mastodontica. Riprendiamo cosa scrisse a proposito De Aloe del circolo “Branda” di Alleanza nazionale: “ Il palazzetto è una megastruttura di circa 17.000 metri cubi che andrebbe ad occupare  1.627 mq dell’area prescelta. Il terreno interessato che misura mq 3.727 è stato acquisito non con un esproprio salvo indennizzo per il quale sarebbe stato valutato secondo i costi di mercato, ma con un accordo comune-privati, che ha fatto lievitare il prezzo, dopo che si è ravveduta una pubblica utilità,  come mai – si chiede De Aloe - per ottenere il titolo di proprietà del terreno, si è scelto di acquisirlo anziché espropriarlo quando la legge offre un modo di acquisto della proprietà che tutela sia l’interesse pubblico (con l’esproprio), sia il privato (con l’equo indennizzo) ?. Il prezzo appare eccessivo. Le distanze tra  l’impianto sportivo da costruire e gli edifici scolastici esistenti, con la strade esistente non sono conformi alle norme tecniche di attuazione in quanto non viene rispettato il rapporto degli indici previsti dall’articoli 23 del regolamento edilizio, come del resto non si rispetta la specifica disposizione che prevede  il 70% della superficie deve essere piatumata con  alberi ad alto fusto e sistemata a parco o a bosco. Il Consiglio Comunale di Bonifati –denuncia De Aloe- , all’epoca ricordiamo era di centrosinistra senza l’appoggio di Rifondazione ndr. )non ha approvato nessun progetto definitivo  dell’opera pubblica che si intende realizzare in deroga alla pianificazione urbanistica ai sensi dell’art. 14 del Testo Unico n.380/2001 in quanto i parametri urbanistici previsti nel piano regolatore e relative norme tecniche di attuazione, nelle zone interessate non vengono rispettate. Non avendo approvato il progetto in deroga ai sensi dell’articolo sopra citato occorre una superficie di oltre 30.000 mq. per realizzare tale struttura in quanto le norme tecniche in vigore prevedono un indice territoriale di 5000 mc su ogni ettaro di terreno per aree destinate ad F1. Non viene rispettato inoltre il rapporto di copertura in quanto la struttura da realizzare è prevista in 1.627 mq, siccome il rapporto di copertura stabilito è di 1 a 10, nell’area interessata (di mq 3727) vi si può realizzare solo 372 mq. L’opera da realizzare – a parere di De Aloe- “non risulta conforme alle previsioni urbanistiche, inoltre l’atto di approvazione del progetto definitivo da parte della provincia non è stato trasmesso al consiglio comunale di Bonifati per disporre l’adozione della corrispondente variante in deroga allo strumento urbanistico, non essendo l’opera di competenza comunale. Inoltre secondo De Aloe-“ non si è  tenuto conto dell’art. 14, comma 8 della legge n.109/94 che prevede che i progetti dei lavori pubblici degli enti locali ricompresi  nell’elenco annuale devono essere conformi agli strumenti urbanistici vigenti o adottati, mentre  il progetto  non è stato approvato per come prescritto dall’art.3, comma 5, del DM 21.6.2000, adempimento  necessario  per comprendere i progetti nel programma triennale  che porta ad  analizzare la fattibilità tecnica, amministrativa di tutta l’opera. La struttura che si vuole costruire su tale area,-prosegue De Aloe-non presenta i requisiti previsti dal D.M. 18 Marzo 1996 che stabilisce le norme per la sicurezza degli impianti sportivi in quanto non consente l’avvicinamento e la manovra dei mezzi di soccorso e la possibilità di sfollamento verso aree adiacenti, i parcheggi sono insufficienti e tali spazi non possono essere utilizzati per i mezzi di soccorso in quanto l’area è inadatta e detti spazi sono già utilizzati dal centro polivalente adiacente.Quindi, tale area-secondo De Aloe-  “è inadeguata per la manovra dei mezzi di soccorso, non consente la concentrazione di mezzi pubblici. inoltre la struttura è sprovvista di un luogo da cui coordinare gli interventi di emergenza,non è presente alcun area circostante all’impianto che consenta l’avvicinamento allo stesso e lo stazionamento di servizi pubblici e privati e non dispone di un area di servizio annessa”.Infine De Aloe evidenzia che:” realizzare tale struttura in un area dove sono ubicate gli edifici scolastici si va ad intaccare la normativa relativa agli edifici stessi per quanto riguarda le aree che ogni edificio deve avere disponibile in rapporto al numero  delle aule per come previsto dal DM 18.12.1975. Il responsabile di A.N. “rammenta inoltre che: “ il territorio comunale di Bonifati è vincolato dalle leggi 1499/1939 e 42/2001 e a tutte le normative regionali di applicazione, essendo il comune di Bonifati provvisto di piano regolatore generale. Quanto è avvenuto potrebbe costituire dunque una violazione di ogni concetto urbanistico protetto dalle leggi dello stato, della regione e dalle norme dello stesso Prg che norma tutta la questione”. Dello stesso tenore erano le denunce e le lettere di protesta fatte dal circolo di Rifondazione Comunista, successivamente ritirate. Ora i lavori stanno per iniziare, ma il cemento usato è di colore rosso e tutto filerà liscio !

Cemento rosso (2) . Rifondazione si pente e si contraddice 
di Francesco Cirillo

L' inchiesta sul “cemento rosso” ha prodotto una presa di posizione del Circolo del PRC di Belvedere che ha un assessore all’interno della giunta. “ Il Partito di Rifondazione Comunista di Belvedere – si legge nel comunicato-  chiede all’attuale maggioranza un’immediata discussione tra le forze politiche che la compongono sulla situazione di degrado urbanistico e sull’assetto del territorio comunale. Ciò che preoccupa i comunisti sono le nuove ondate di cemento, che rischiano di depredare ulteriormente le ricchezze del territorio, senza, contemporaneamente, portare alcuna ricchezza ai cittadini, i soli veri depositari di questo bene collettivo. Chiedono, pertanto, - prosegue il comunicato- al sindaco Mauro D’Aprile di non attuare alcuna variante al Prg che faciliti insediamenti soprattutto a ridosso del rilevato ferroviario lato mare, in attesa della necessaria rjyisitazione dello stesso strumento urbanistico. La richiesta di Rifondazione nasce dalla presa atto che sul territorio di Belvedere si continua a costruire fabbricati, destinati alla vendita in singole unità abitative o a uso turistico, sia sul rilevato ferroviario verso il mare sia nelle colline limitrofe e i calanchi. Il paese viene sfigurato e la qualità della vita dei residenti ridotta: il carico sull’impianto fognario di depurazione come sul fabbisogno idrico viene aggravato; l’impianto di depurazione, destinato a 50 mila unità rischia di risultare insufficiente. Anche sul nuovo asse viario previsto tra il porticciolo turistico e la  località Calabaia dovranno essere realizzati, come da programma elettorale, gli accessi pubblici al mare, una pista ciclabile e un polmone verde sul mare. Il Prc  di Belvedere, considerato che nonostante le continue richieste a oggi non siano ancora note le linee di attuazione urbanistica rispetto a quanto previsto e che la delega sulle politiche urbanistiche sia di titolarità del sindaco, ha chiesto appunto alla maggioranza una verifica, con tempi certi di apertura e chiusura del confronto, per le determinazioni necessarie e nel rispetto del programma elettorale “ .  Ci hanno messo un anno e mezzo per accorgersene, ma non è mai troppo tardi. Ma non la pensa così l’assessore dello stesso partito Oreste Ferraro, che sostiene che la nuova giunta non ha rilasciato alcuna nuova licenza edilizia e che tutto ciò che sta succedendo nel territorio di Belvedere è stato ereditato dalla vecchia giunta. Un ragionamento che contrasta fortemente non solo con il documento del suo stesso partito ma anche con una delibera approvata appena il 16 marzo scorso,  e firmata da lui stesso. La delibera n.8 ha in oggetto la “ Realizzazione complesso turistico alberghiero” con deroga al PRG art.14 LR n.19/2002. L’albergo  andrà costruito a pochi metri dall’albergo in località Calabaia di cui parla il documento della sezione del PRC. Nella delibera approvata da tutta la maggioranza il vicesindaco diessino Riccardo Ugolino dichiara a verbale :  “rammenta che le concessioni edilizie rilasciate nell’ultimo anno e mezzo riguardano le zone di completamento. Sono state approvate varianti urbanistiche per dotare di servizi collettivi la parte costiera del territorio “. Quindi le speculazioni ci sono state e sono tutte nuove. D’altra parte basterebbe andare a leggere i cartelli con le autorizzazioni apposte fuori dai cantieri per rendersi conto che le licenze sono state rilasciate da poco. L’albergo di Calabaia per esempio porta la data del 2 febbraio 2005 licenza (il n. 7522) con inizio lavori il 20 aprile 2005. Dello stesso periodo è il grande sbancamento di calanchi a fianco la caserma dei carabinieri, dove dovrà sorgere un nuovo supermercato. “Sono posti di lavoro “ hanno risposto al Comune quando qualcuno è andato a chiedere dello sbancamento. Se la logica deve essere questa allora si potrebbe puntare più in alto chiedendo qualche industria chimica o qualche termodistruttore che di posti di lavoro ne fanno uscire parecchi. A sostegno della nostra inchiesta giunge una voce autorevole da belvedere M.mo quella di Salvatore Fabiano esponente di Rifondazione Comunista.Fabiano scrive : Da qualche mese avevo smesso di occupare spazio su codesto sito per due motivi: per evitare che ad animare il dibattito politico locale fossimo sempre gli stessi e per non dover polemizzare con miei vecchi compagni di viaggio politico e sindacale. Nel recente passato ho dovuto subire da molti di essi risposte avvelenate condite di bugie e falsità, sol perchè mi permettevo di criticare comportamenti ed assenze a manifestazioni importanti di rilievo  nazionale (Roma, Locri ed ancora Locri). Ma ora non so più tacere. Lo scandalo dell’antenna di Capo Tirone sembra essere nato per responsabilità... del Maligno. Ed anche quando Belzebù ce ne avesse fatto sgradito  omaggio, la legge fornisce i mezzi per ovviare anche alle diavolerie. Mi limito  a suggerire a chi di dovere che le canne fumarie si costruiscono, fino all’' invenzione del fuoco freddo) con materiale refrattario e senza la presenza di materiali plastici o similari. Per non parlare poi di antenne al suo interno. Se non fosse per l' epidemia aviaria che procura loro dei guai i polli riderebbero in coro. La sconvolgente incoerenza è tutta degli esponenti del PRC con un Circolo ormai alla deriva e forse statutariamente inesistente, che sanno essere ambientalisti con tutta la loro carica verbale solo al di fuori dei limiti comunali. In vari interventi di esponenti del Circolo di Rifondazione Comunista  leggo che, in omaggio al dettato del programma amministrativo, “ da quando rifondazione è presente in amministrazione, non sono state rilasciate concessioni edilizie”. Tale affermazione contrasta con quanto affermato in consiglio da un assessore  dei ds: “…le concessioni edilizie rilasciate nell’ultimo anno e mezzo riguardano le zone di completamento”(delibera consiliare n° 8 del 16.03.2008). Delle due affermazioni una deve essere falsa per forza  di cose. Oppure sono vere tutt’e due perché  l’assessore ombra a1l’ Urbanistica si sente obbligato ad informare l’una e non l' altra componente politica, a seconda della considerazione che ha dell’una e dell’altra ? A quasi due anni dalla costituzione della Giunta non si ha notizia nè della tregua edilizia nè della rivisitazione del  P.R.G. Ci sarà, si dice, l' ennesima richiesta di verifica politica che, come nelle altre innumerevoli precedenti . terminerà con qualche "accomodamento assessorile" e la promessa solenne di rivedersi con più calma fra qualche settimana. Ed ora compagni, sbizzarritevi pure ad indirizzarmi altri improperi, altre bugie e falsità. Sarà solo un vostro sfogo sapendo che, in nessun caso, potrete annebbiare il  mio passato fatto di lealtà nelle lunghe militanze politica e sindacale, vissute entrambe con tanta passione e comportamenti coerenti e modestamente, inattaccabili sul piano morale, che è poi l' aspetto che più mi preme “ .  Parole dure che confermano quanto da noi scritto.


NUOVE SPECULAZIONI SUL TIRRENO COSENTINO
Belvedere, Sangineto, Bonifati nel mirino della speculazione edilizia. Spariscono spiagge, colline, calanchi ma .......nessuna campagna stampa, nessuna interrogazione parlamentare, nessuna denuncia alla Procura di Paola, nessuna indignazione. Dove sono finiti gli "indignati" per l'albergone di Praia a Mare o per il "Palestrone di Cirella "? Forse le Tre scimmiette non vedono, non sentono, non parlano essendo le tre amministrazioni di centrosinistra ?       Esiste quindi un ecologismo a senso unico ?
Questo è un albergone che sta nascendo a Belvedere M.mo (cs)  in località Calabaia a 50 metri dal mare, in una zona dichiarata ad alto livello di erosione e dove già una piccola mareggiata ( il 18 settembre 2005) si sta mangiando tutta la spiaggia. In questa zona sono previsti altri 4 alberghi .
           

          
     

Ma non finisce qui. Il territorio di Belvedere è ricco di una formazione geologica di grande importanza che si chiamano Calanchi. Su questa formazione continuano a crescere casermoni in cemento. Eccone tre esempi .

Qui nascerà il solito supermercato.Tutti i calanchi sono stati distrutti
No ! Uno c'è rimasto !!Immerso nel cemento
Qui le solite case per le vacanze

Bonifati si sbanca invece una collina per costruirvi una strada del tutto inutile evidentemente per favorire l'accesso ad Alberghi e case vacanze
Nuove speculazioni a Bonifati a ridosso della linea ferroviaria
Ma non finisce qui a Bonifati. Sono stati autorizzati nuovi lavori a difesa della costa. Nuovi massi a mare.


             ANCORA MASSI A MARE .                                                      Continua la grande abbuffata di soldi sull’ ambiente                                                                                         
Francesco Cirillo su Mezzoeuro del 19 settembre 2005

Riesplode il problema dell’erosione costiera sul Tirreno cosentino ed ecco subito approvati vari progetti tutti di difesa dura con massi provenienti da cave o in cemento. Ogni tanto qualche ente, comunale o provinciale e regionale si accorge della progressiva scomparsa di pezzi consistenti di spiaggia ed ecco uscire subito dal cilindro progetti e finanziamenti. Il fenomeno erosivo per i politici di turno è come se  nascesse dal nulla ed ecco subito uscire dal solito cilindro magico, i bravi tecnici, gli esperti ingegneri, tutti con la bacchetta magica che consiste in danaro , massi e naturalmente i necessari permessi. Un  progetto contro l’erosione, nella costa tirrenica, venne presentato circa due anni fa  per la prima volta a Sangineto e si prefiggeva lo scopo di fermare il fenomeno erosivo , ma si trattava di un intervento limitato a tre paesi, Belvedere, Bonifati e Sangineto. Per ripascere questi tre chilometri di costa, fra Diamante e Bonifati , secondo gli studi dei “bravi ingegneri” ci sarebbe bisogno di  tre milioni di metri cubi di materiale: l’82 % verrebbe prelevato dalle cave di Maierà, il 7% dalle aree di san Nicola Arcella e Praia a Mare ed il restante 11% dai letti dei fiumi Lao e Abatemarco. Il progetto vedeva come primo firmatario Pietro Viviano dirigente dell’ufficio opere marittime di Reggio Calabria,  e prevedeva , in questo tratto del mare , il salpamento  delle attuali  scogliere emergenti, la costruzione di nuove scogliere soffolte, cioè a pelo d’acqua ad oltre cento metri dalla spiaggia, la costituzione di filtri di pietrame per trattenere la sabbia, ed infine le spiagge artificiali. Il costo dell’opera completa è di circa cento miliardi di vecchie lire, che dovrebbero uscire da un finanziamento ancora tutto da definire. Forse la Regione Calabria, forse la stessa provincia di Cosenza. Ma quando il progetto nacque, due anni fa , la Regione era in mano al centrodestra ed al convegno di Sangineto, organizzato dalla provincia di centrosinistra, nessuno si presentò . Ora ecco un nuovo progetto, che naturalmente si sovrappone a quello precedente, questa volta delle Ferrovie dello Stato. Il tratto in questione è quello di Bonifati e l’istanza per il rilascio dei Beni ambientali risale al 10 dicembre del 2004. Il tratto da difendere dai marosi riguarda tutto il tratto ferroviario che attraversa il comune di Bonifati e riguarda la messa in opera di una serie di barriere naturali quindi provenienti da cave. Perché si insiste in questo breve tratto non è dato sapere.  Il fenomeno erosivo non riguarda solo Bonifati ma tutta la costa tirrenica da Tortora al Golfo di Lametia. Un fenomeno che riguarda complessivamente il 67 per cento delle coste calabresi e che in alcuni luoghi è molto accentuato. La costa tirrenica è uno dei posti più a rischio e le motivazioni sono ben note a tutti. Prima fra tutte è la cementificazione selvaggia iniziata negli anni 70/80 e mai terminata. Le spiagge sono state depredate dalle ruspe che hanno prelevato tonnellate e tonnellate di sabbia per costruire villaggi e alberghi. Nel contempo anche i fiumi venivano depredati con prelievi più o meno autorizzati. Ma tutto questo non bastava . Negli anni 80 è iniziata quasi contemporaneamente alle prime mareggiate violente la difesa dura a mare con migliaia e migliaia di massi gettati a barriera ed alla rinfusa davanti la linea ferroviaria, le case, i villaggi. Si pensava allora che il mare si fermasse ed invece la forza delle mareggiate aumentava sempre di più sbaragliando ogni inverno gli stessi massi a protezione ed entrando con violenza in alberghi, case, condomini, lidi balneari. La risposta dell’intelligenza umana è stata quella , piuttosto che vedere le cause di questa forza distruttrice, di buttare nuovi massi alzando nuove barriere. Risultato ? le mareggiate diventavano ancora più potenti e le devastazioni continuavano in nuovi paesi senza protezione e nuove spiagge scomparivano sotto gli occhi increduli di sindaci ed amministratori. Gli ingegneri dal cilindro magico in queste occasioni spariscono e sono bravi a fare comunicati dando la colpa alla “forza della natura” mai alla stupidità umana o a se stessi. Sì,  perché intanto nascevano sul tratto della costa erosa, nuovi bracci a mare per nuovi porti, come quello di Cetraro, o quello abusivo di Diamante. Bracci che provocavano , come ben stabilito da studi dell’Università di Cosenza e di geologi affermati, nuove erosioni. Intanto altri fattori determinavano la maggiore forza nelle mareggiate. Una è quella della scomparsa della Posidonia. Lo strascico a riva di decine di pescherecci ha fatto macello di questa pianta che serviva proprio non solo per l’ossigenazione del mare ma anche per trattenere con le radici i fondali marini mossi dalle correnti. A questo disastro si aggiungeva la nascita dei lidi balneari e l’esplosione del turismo di massa.  Ogni lido balneare, ogni nuovo villaggio turistico nato sul demanio per costruire il proprio stabilimento spostava con ruspe dune in prossimità della riva di mare, spostando  in modo irrimediabile, il flusso ed il riflusso della sabbia sulla spiaggia, svuotando i fondali da una parte e riempiendoli dall’altra in modo anomalo. Le correnti marine avevano quindi facile gioco. Risultato a distanza di venti anni ? Tutto come prima. Le barriere sono la loro posto, le spiagge non ci sono più ed il fenomeno erosivo è in aumento in zone dove non si era mai verificato. Ora il Comune di Bonifati autorizzerà questa nuova stagione di massi ? La risposta l’avremo nei prossimi giorni e sapremo anche se le associazioni ambientaliste presenti sulla costa tirrenica si opporranno a questa nuova invasione nel mare. Un primo appello è venuto dal Movimento Ambientalista di Diamante e del Tirreno cosentino, associazione autonoma da partiti , che ha subito diramato un comunicato chiedendo al sindaco di Bonifati il blocco della progettazione ponendo delle alternative precise come quella del ripascimento. L’esperienza del ripascimento più vicina  è quella del Lazio giunta a buona risoluzione proprio per la metodologia usata che ha tenuto presente della effettiva realtà marina e territoriali. Non ha distrutto montagne , né letti di fiumi , ma solo ridistribuita la sabbia accumulata negli stessi fondali. L’intervento è stato affidato alla Società Italiana Dragaggi impresa capace di eseguire il lavoro con una rivoluzionaria tipologia di intervento: il ripascimento morbido usando  la sabbia marina. Il dragaggio viene gestito attraverso un sofisticato sistema elettronico di rilevamento condotto navigando a bassa velocità. La ricerca delle dune sommerse è stata affidata all’università di Roma in collaborazione con l’Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare, che ha curato per il Ministero dell’Ambiente l’impatto ambientale. La sabbia accumulata è stata individuata ad una profondità di 50 metri ed a una distanza di 45 chilometri dal lido di Ostia. Costruendo una condotta realizzata in acciaio e refluente,  da un diametro di 80 centimetri e una lunghezza di 1500 metri il ripascimento è avvenuto senza distruggere niente. I risultati si possono vedere  consultando il sito della regione Lazio dove il lavoro è pubblicato per intero.  Gli ambientalisti sono sempre inascoltati e la dimostrazione viene proprio dal fatto che questo tipo di lavoro , nel tirreno cosentino poteva essere già fatto negli anni 80 quando invece si scelse la difesa dura con le tonnellate di massi gettati a mare. Un lavoro che costò la vita al segretario della sezione PSI di Diamante travolto da un masso caduto da uno di quei camion che trasportavano le montagne al mare. Ora gli stessi camion  invaderanno di nuovo le nostre carreggiate ,per trasportare la sabbia dal fiume Lao, dall’Abatemarco, dalle spiagge di san Nicola e Praia e dalle montagne di Maierà, di Cetraro, di Bonifati. Gli ambientalisti colgono l’occasione per spingere ancora di più la Regione calabria verso l’istituzione del parco Marino della Riviera dei cedri. Il parco marino metterebbe in moto una serie di protezioni di natura ambientale fra le quali anche quella della difesa morbida dalle mareggiate e proteggendo a fondo la Posidonia questa ritornerebbe a invadere tutti i fondali costituendo una prateria naturale che fungerebbe anche da protezione e ricostituzione dei fondali.  


Gli ecomostri del Tirreno: i burocrati della firma facile ed i politici che fanno il gioco delle tre scimmiette

 non vedo , non sento, non parlo)
Pubblicato da Mezzoeuro il 26 giugno 2004
 di Francesco Cirillo 
Scoppia il caso “ecomostri” sul Tirreno cosentino. Un inchiesta giornalistica , partita dal nostro settimanale, e ripresa dal Quotidiano e La Provincia, pone il problema delle speculazioni edili in atto da diversi anni sul Tirreno cosentino. I politici ora scoprono l’acqua calda e addirittura la sottosegretaria alla Giustizia di Forza Italia, l’on Jole Santelli chiede sbalordita il blocco di una costruzione in atto a Cirella. Gli ambientalisti ed i tanti comitati di cittadini che da anni lottano contro megavillaggi, super alberghi, mega porti, inutili aviosuperfici, restano a bocca aperta e non credono ai propri occhi, e chiedono alla Santelli, di farsi un giro sul Tirreno per meglio rendersi conto di quale sia la situazione. Se vuole veramente interessarsi di ecomostri , altro che la palestra a Cirella. Si accorgerebbe e con lei tutti quei politici che da qualche giorno parlano di Praia a Mare e Cirella di quanto cemento sia passato sotto i loro occhi, spesso con il loro stesso consenso. Ebbene vogliono fare un inversione di tendenza , chiedono gli ambientalisti di Diamante ? La rendano pratica.  Bloccando i megaporti subito, che distruggerebbero tutta la fascia costiera da Praia ad Amantea creando nuove sparizioni di spiagge; bloccassero nello specifico i due megaporti più pazzi d’Europa, quello di Scalea che prevede il mare attorno alla Torre, e quello di Diamante che prevede la distruzione della più bella scogliera della Calabria; ed ancora rivedano la folleaviosuperfice inutile di Scalea dove già sono stati sprecati decine di miliardi distruggendo l’habitat naturale dello stupendo e magico fiume Lao; ed ancora blocchino il folle progetto di campo da golf a Praia in piena area archeologica; e da Belvedere non ci sono mai passati ? Non si sono mai accorti dei bellissimi calanchi distrutti dalle ruspe per mettere al loro posto orribili palazzoni di cemento; e di Cirella si sono ricordati solo ora ? E quando hanno costruito a ridosso del bellissimo Mausoleo Romano del II sec. DC dove si trovavano ? E quando hanno costruito sul promontorio di Cirella e dove ancora quasi di nascosto continuano a costruire ? E a Cittadella del Capo non si sono accorti di nulla ? Un intero villaggio con tanto di albergo a ridosso della ss 18 ha disboscato , in un solo mese , un intera piantagione di ulivi e di stupende colline ! Infine l’on.Santelli dovrebbe rivolgere i propri strali alla sua stessa Regione Calabria, che non solo ha autorizzato la palestra di Cirella, ma che non ha mai mosso un solo dito sulle tante speculazioni esistenti su tutta la regione, fino ad arrivare al grande ecomostro che è il Ponte sullo Stretto. Ma un identico discorso va fatto anche sulla magistratura che ha subito aperto un inchiesta su Praia a Mare e Cirella. Ben venga si chiedono in molti purchè non sia il solito uso giudiziario di problematiche politiche in atto nel Comune di Diamante fra ex assessori e nuovi assessori sorretti da una nuova maggioranza. Faccia il suo lavoro, scrivono gli ambientalisti che vada in fondo purchè a pagare non sia il solito fesso di assessore, e non tutto l’apparato istituzionale preposto al controllo del territorio . Eparliamo delle soprintendenze, dei geni civili, delle forestali, di chi gestisce le aree demaniali. Sono loro gli enti che hanno il dovere di controllare i progetti, di concedere i nulla osta, di studiare sul territorio i danni ed i benefici di ogni opera. Loro è la prima responsabilità. E proprio loro invece sono quelli che concedono sempre più facilmente i visti per costruire. Diamante ha vincoli archeologici, vincoli urbanistici, vincoli sulla costa. Teoricamente non si sarebbe dovuto toccare niente ed invece i palazzi crescono dal nulla  come mosche ed ovunque .
(L'Istituto Tecnico nato sulla collina)
E tutte le concessioni hanno tutti i bei timbri in bella vista. Questa stranezza di comportamento è anche messa in evidenza nell’inchiesta fatta dal giornalista del “Quotidiano” Paride Leporace. In un articolo apparso il 23 giugno scorso , il giornalista si chiede come mai la soprintendenza di Cosenza prima nega dei permessi e poi li concede e affronta il caso di alcune villette a ridosso del cimitero di Diamante, dove la Procura di Paola ha già un procedimento aperto dove vengono indagati tutti i consiglieri e gli assessori comunali della passata giunta ( quasi identica all’attuale). Questa situazione molto strana, la gridano a gran voce gli ambientalisti di Diamante da diversi anni. E lo hanno evidenziato in un recente comunicato stampa, ricordando che già l’anno scorso in un interrogazione fatta dall’on. Paolo Cento si interrogava il Ministero dell’Ambiente sul comportamento della Soprintendenza di Cosenza a proposito delle approvazioni negate e poi concesse riguardo al porto di Diamante. In un primo momento la Soprintendenza boccia il porto di Diamante affermando che questi è altamente invasivo e nocivo per l’ambiente e ne chiede un ridimensionamento. Poi chiede un parere al Ministero dell’Ambiente, il quale dà ragione alla soprintendenza peggiorando la situazione, affermando cioè che la costruzione del porto avrebbe un impatto negativo sulle correnti creando nuove erosioni a sud. Improvvisamente in una conferenza dei servizi svolta a Roma solo qualche mese dopo le posiziona si ribaltano, ed il porto diventa ammissibile. Appunto, si indaghi sul porto. Lo scrivono in un comunicato gli ambientalisti di Diamante, che da anni lottano contro la megastruttura vinta da un noto farmacista cosentino. C’è una mole enorme di denunce, di articoli di giornali, di volantini e di comunicati stampa su questo argomento, che vanno dalla strana vendita fatta dal Comune della sala conferenza a quella della Torre cinquecentesca del Semaforo. E poi ci sarebbero da capire tante cose sull’appalto fatto, sulla partecipazione ed esclusione di alcune ditte specializzate in lavori marittimi, e via dicendo. Si indaghi su altre vendite di beni immobili avvenute nel Comune di Diamante ed ancora sulla gestione dei piani spiaggia. Insomma di materiale ce ne sarebbe a bizzeffe. Ed invece come al solito , senza illuderci, ci troviamo ad assistere al solito uso della magistratura per finalità politiche; al solito tam tam elettorale che di rimbalzo va da un partito politico ad un altro ; al solito scaricabarile che alla fine non produce assolutamente nulla, se non nuove carte, nuovi fascicoli, nuovi faldoni, per processi che non verranno mai celebrati, mentre nel territorio privo di qualsiasi controllo si continuerà a costruire ed a cementificare, come si è sempre fatto. L’ultimo discorso va fatto sui politici che insieme alla Santelli si stanno spendendo sulle vicende speculative. Una corsa di dichiarazioni che vedono avvicendarsi a turno, il nuovo Presidente della provincia Mario Oliverio, il capogruppo dei verdi Tommasi, l’on. Mario Pirillo. La Regione Calabria ha delle gravi responsabilità , è indubbio, ma anche la Provincia di Cosenza, a guida dell’uscente Acri non si è mai spellata più di tanto in difesa della costa tirrenica, accettando supinamente il piano della portualità selvaggia finanziato con fondi POR, l’aviosuperfice di Scalea, molte speculazioni edili nel comune di San Nicola A., Praia a Mare, Scalea che portano la firma della provincia nelle varie conferenze di servizi. Se i casi di Cirella e Praia servono ad attirare finalmente l’attenzione sull’ambiente da parte della provincia ben venga anche questo. Gli ambientalisti del tirreno sono pronti a collaborare con la nuova giunta provinciale per evidenziare da subito le varie problematiche esistenti sul territorio.


CIRELLA E DIAMANTE FRA FALSI ECOMOSTRI E VERE MOSTRUOSITA’

                                                        di Francesco Cirillo
Pubblicato su Mezzoeuro del 3 luglio 2004
 Potrebbe essere tutto fumo negli occhi l’attenzione ambientalista dei tanti politici che svegliatosi da un profondo  coma si sono accorti della devastazione del nostro territorio. Un fumo post elettorale dettato da una parte, da chi è stato sconfitto e dall’altra da chi ha vinto, entrambi per dimostrare di essere all’interno delle dinamiche territoriali, entrambi però  nella non volontà di operare per fermare davvero gli scempi edilizi. Come al solito gli ambientalisti storici, non quelli dell’ultima ora, raccolgono la sfida politica e chiedono subito azioni pratiche, quale quella di istituire subito il Parco marino della Riviera dei cedri, che nei fatti metterebbe subito uno stop reale e concreto alle speculazioni lungo la costa e, dando respiro alle spiagge e soprattutto ad un tipo di turismo sostenibile. L’appello per l’istituzione del Parco è partito da tutte le associazioni ambientaliste del Tirreno cosentino ed è stato diretto alla Regione Calabria e soprattutto al nuovo Presidente della Provincia Mario Oliverio che ha dimostrato grande sensibilità alle problematiche ambientali. Se si vogliono  mettere le mani sul territorio bisogna mettere in atto una strategia unica per tutto il Tirreno cosentino, dicono gli ambientalisti, con una politica che miri veramente a preservare quanto ancora resta, coinvolgendo principalmente quelle forze ambientaliste che da anni lottano per la difesa dell’ambiente ed hanno alle spalle coraggiose battaglie.
(Ville vicino al mausoleo del II sec.dC)
Ora il dito è puntato anche sulle Soprintendenze dei Beni ambientali e alle loro facili autorizzazioni nonostante i numerosi decreti legge di protezione del territorio esistenti da diversi anni . Protezioni che a quanto pare per alcuni terreni valgono e per altri no. Basterebbe studiare per bene tutte le licenze edilizie concesse negli ultimi dieci anni nel territorio di Diamante e Cirella . Costruzioni vicine al Mausoleo Romano costruito dall’Imperatore Eliogabalo nel II sec. d.C dedicato al Dio Sole ; vicinissime al mare e sulle spiagge; sulla scogliera di Cirella, (molto più avanti della famosa palestra dove da poco è terminato un grandissimo villaggio di case residenziali a ridosso del promontorio che ha completato l’obbrobrio dentro Cirella) ; nei pressi dei ruderi di Cirella dove si costruisce quasi ovunque o addirittura a fianco di una modernissima centralina dell’Enel. E’ uno scempio continuo al quale l’amministrazione comunale di Diamante, nell’occhio del ciclone per il cosiddetto palestrone di Cirella, nel consiglio comunale del 28 giugno scorso ha dato uno stop con una coraggiosa delibera che ha adottato per intero una direttiva inviata  dalla Soprintendenza dei beni ambientali di Cosenza già dal 30 novembre 2000.  

La delibera adottata parte da un decreto della Soprintendenza emanato nel 2000 e che mette sotto protezione le arre archeologiche di Cirella  quali, il promontorio, il Mausoleo,le rovine, zone ancora piene di reperti archeologici. La delibera adottata porta anche i mq di lottizzazione sull’intero territorio di Diamante da 10 mila mq a 100 mila. La delibera votata a maggioranza netta è stata accolta positivamente anche dalla minoranza. Un segnale positivo senz’altro che almeno per il momento dovrebbe mettere un freno all’assalto.  

Con la delibera verranno bloccate le costruzioni in atto o tutto continuerà come prima ? Per esempio, che fine faranno,  alcune costruzioni a sud di Cirella , costruite in tutta fretta , a pochi metri dalla linea ferroviaria che impediscono di fatto il passaggio della pedemontana che l’ANAS intende costruire da Cirella a San Nicola Arcella.

 Una pedemontana importante per il flusso delle auto provenienti dal nord e dirette a sud , che baipassa Scalea e Santa Maria del Cedro. Negli anni scorsi ci si chiede è possibile che l’Amministrazione Comunale non si sia data da fare per impedire queste costruzioni ? E soprattutto chi andava a rappresentare l’Amministrazione Comunale nelle conferenze dei servizi indette dall’ANAS ? Conferenze che servivano solo a ritardare l’inizio dei lavori della pedemontana per favorire il nascere delle costruzioni. Ma su Cirella altri crimini stanno per essere commessi. Uno grave è nei pressi del Mausoleo Romano del II secolo dopo Cristo. Un cancello abusivo, costruito da anni dai proprietari delle villette vicino all’area archeologica, ne  impedisce l’accesso , e la strada di accesso è utilizzata da un villaggio turistico per metà considerato abusivo e fermo da diversi anni , e che ora grazie al condono berlusconiano potrebbe usufruire delle ultime autorizzazioni per essere terminato, facendo diventare l’area archeologica una zona di passaggio condominiale. Ma sulla collinetta a poche centinaia di metri dal Mausoleo e nei pressi di un piccolo edificio, forse un’antica Chiesetta, e di una ara sacrificale costituita da pietre messe a forma circolare, sede probabile di sacrifici agli dei   , sta sorgendo un nuovo megavillaggio. Da qui la vista è stupenda, e ci si trova di fronte la stupenda Isola di Cirella, che l’estate diventa preda , non dei pirati saraceni ma di orde di turisti affamati di tuffi , di motoscafi che inquinano con i motori le acque limpide attorno all’Isola e che strappano con le proprie ancore decine di piante di Posidonia, ricchissima nei fondali, di pranzi sugli scogli con susseguente gettito di scorze di melone, di mozziconi di sigarette e di pannolini. Una tragedia senza fine che ogni anno puntuale si ripete senza che alcuno possa mettere freno alla mattanza ambientale.Ma anche Diamante non è immune dalle costruzioni. Una collina intera, simbolo della vecchia Diamante denominata “la difesa “ è stata sconvolta completamente da muraglioni di cemento visibili da chilometri e da un orribile gruppo di villette già messe in vendita dalla Gabetti. Ma non basta. A pochi metri dal mare spicca una villa in stile americano , acquistata proprio da un miliardario americano. La villa quasi terminata ora risulta bloccata per presunti sconfinamenti in terreno comunale . Ed ancora altre devastazioni nella splendida Riviera Blu a sud di Diamante. Villette a schiera hanno profanato tutte le colline che danno sul mare, ma anche spazi verdi che erano rimasti a ridosso delle prime ville costruite negli anni 70 da ricchi professionisti cosentini. I primi devastatori della costa tirrenica. Ma un vero ecomostro visibile anche dal mare, è proprio una struttura costruita dalla Provincia di Cosenza. L’Istituto Tecnico Commerciale. Un opera costata  10 miliardi e che proggettualmente avrebbe potuto farlo anche un bambino essendo un enorme parallepipedo , che ora domina tutta la costa in un area peraltro a vocazione turistico residenziale. Nessuno scandalo anche in questi casi. Come al solito ci sono le autorizzazioni per tutto, e come al solito non manca nulla nei faldoni delle pratiche edilizie, anche se qualche dubbio dopo tanta devastazione viene a qualche tecnico. Il passaggio dei poteri dalla regione ai Comuni in materia di ambiente ha valore in questi casi ? Sembra che a seguito di alcune contestazioni da parte di costruttori che si sono visti bocciare i propri progetti, la Regione abbia chiarito ai sindaci che il visto ambientale non vale per tutti i casi ma solo per alcuni casi . Quali non è dato saperlo.

Ma su una grande cementificazione prevista su Diamante , stranamente nessuno ha osato parlarne. Ed è l’ecomostro-porto. Tonnellate di cemento , se la regione firmerà il decreto di avvio all’appalto verranno riversati sulla scogliera più bella della Calabria. Il muro di cemento che sorgerà a protezione dello specchio d’acqua occuperà l’orizzonte impedendo la visione degli stupendi  tramonti diamantesi, così come una piattaforma di cemento coprirà inesorabilmente la scogliera per permettere il passaggio ed il parcheggio di auto. Scogli famosi denominati dialettalmente “u scugliu da luna”, “u scugliu’ du liun’” luoghi fisici sui quali sono cresciuti intere generazioni di pescatori di polpi con le lampare ,scompariranno in un lampo. Anche in questo caso il comportamento della soprintendenza di Cosenza , come più volte abbiamo scritto è stato molto contraddittorio e dubbio. Da un no deciso e netto si è passato ad un si convinto. Riuscirà ora il clamore sull’ecomostro di Cirella a rimettere mano su queste pratiche ?  

Operazione Nettuno:
la notte dei lunghi batteri.
Si profila un estate di fuoco fra depuratori sequestrati
dalla Procura di Paola o occupati dagli operai senza stipendio
  di Francesco Cirillo 
Pubblicato su Mezzoeuro del 19 giugno 2004 
Qualcuno spera di non vedere più quelle strisce marroni che attraversano puntigliosamente tutta la costa tirrenica dalle 10-11 in poi, facendo scappare dalle spiagge le migliaia di bagnanti che affollano ogni estate i nostri lidi. Quelle strisce marroni rappresentano , in un certo senso, un punto di riferimento sullo stato di salute del nostro mare. Mare messo in pericolo dalle solite disattenzioni dei comuni , dai soliti speculatori di ogni risma, dalle solite situazioni di accomodamento accumulate oramai negli anni. Il PM Francesco Greco sta cercando di scardinare questo sistema di cose. L’Operazione Nettuno è partita dal suo ufficio e sta interessando palmo a palmo tutto il territorio del Tirreno fra Fiumefreddo e Tortora. Ogni depuratore, ogni scarico fognario , ogni fiume e ruscello è stato messo ai raggi x, e già alcune teste stanno cadendo. Teste che cadono comunque nei reati di tipo amministrativo e non penale, grazie al governo Berlusconi che piano piano in soli tre anni di governo,  ha depenalizzato ogni tipo di reato di natura ambientale. Quindi nessuna carriera di sindaco è in pericolo e nessuno, ancora meno, rischia la galera. Qui si parla di multe, che non pagherebbero neanche i sindaci di tasca propria ma le amministrazioni comunali, di conseguenza quegli stessi  cittadini che si lamentano del mare sporco. I soliti paradossi italiani. Il solito cane che si morde la coda o il solito cetriolo che finisce sempre nei pantaloni dell’ortolano. L’ultimo sequestro fatto dal PM Greco riguarda il comune di Fiumefreddo. L’impianto di depurazione in questione sembra ufficialmente non funzionante, ma comunque utilizzato per sversarci al proprio interno  senza alcuna autorizzazione rifiuti liquidi molto probabilmente provenienti da autospurgo. Uno dei punti nodali dell’inquinamento è proprio questo. Il mancato controllo dell’attività degli autospurgo. L’impianto di Tortora , capace di depurare i liquami provenienti dai pozzi neri è ancora chiuso da quando è stato posto sotto sequestro dalla Guardia di Finanza circa due anni fa  e gli unici  funzionanti nella costa tirrenica si trovano  a Guardia Piemontese ed San Lucido. Quello di Guardia è molto piccolo e per sversarci bisogna telefonarci un paio di giorni prima. Rimane quello di san Lucido.  Un autospurgo che ripulisce una fogna a Santa Maria del Cedro o a Tortora , si mette in viaggio per lo scarico fino a San Lucido ? Quanti autospurgo , semmai nottetempo scaricano nei nostri fiumi o in piena campagna , in terreni di proprietari compiacenti, o addirittura in impianti di depurazione funzionanti ? Solo il Comune di Praia sembra che abbia messo uno stop a questo tipo di traffico. Un ordinanza fatta dal sindaco , l’anno scorso, impone agli autospurgo che entrano nel territorio praiese a segnalare ai Vigili urbani il luogo dove debbono fare il prelievo e il luogo dove verrà scaricato. Il comune poi provvederà ad un controllo incrociato. Perché questa delibera non viene adottata da tutti sindaci del territorio ci chiediamo. Ma anche questo non basta a prevenire e controllare l’inquinamento. Ci vorrebbe un azione più forte, che forse è al limite dell’azione giudiziaria, ma che avrebbe un impatto molto forte sia nell’opinione pubblica che fra gli stessi amministratori. La chiusura di villaggi interi, di alberghi, di camping, che non abbiano , pur potendolo fare , l’allaccio alla rete fognante, continuando ad usufruire ancora di pozzi neri. E sono migliaia queste abitazioni distribuite lungo tutta la fascia tirrenica, con prevalenza nella zona di Tortora, di Santa Maria del Cedro, di Fuscaldo. Il problema in definitiva è in gran parte qui. Molti villaggi sono collegati ancora a reti fognanti clandestine che non portano da nessuna parte, neanche a pozzi neri. Si pensi che a tut’oggi a Fiumefreddo, dopo l’apertura dell’inchiesta del PM Greco, i Vigili urbani hanno rilevato la presenza di scarichi da insediamenti civili sulla collina sottostante senza alcun passaggio depurativo di alcun genere.  Passaggio che di solito avviene attraverso i fiumi. Non c’è un solo fiume della nostra costa tirrenica che non abbia un alta concentrazione di inquinanti e con susseguente divieto di balneazione alla propria foce. Ci vuole tanto a scoprire chi inquina i fiumi ? In maggior parte sono paesi dell’interno ancora sprovvisti di impianti fognari. Grisolia, Buonvicino, Orsomarso, Papasidero, Aieta, sono ancora in condizioni pessime riguardo a questo aspetto, ed in posizione molto arretrata . I depuratori sono vecchi, spesso inutilizzati, spesso mai entrati in funzione nonostante cospicui finanziamenti.  
Il depuratore fantasma .  
Un esempio è il depuratore di Buonvicino in località Lago , che avrebbe dovuto raccogliere i reflui di tutta una vasta contrada ora ampiamente urbanizzata. Un depuratore finanziato per decine di miliardi dalla Comunità Montana di Verbicaro , qualche anno fa e mai entrato in funzione per mancanza di allaccio alla rete fognaria preesistente e  alla rete elettrica. Mentre l’impianto è fermo e oramai sommerso dalle erbe, lungo il fiume Corvino, la contrada Lago scarica liberamente nel fiume  inquinando il mare di Diamante. Per arrivare a questo depuratore completamente sommerso dalla vegetazione bisogna attraversare il fiume Corvino in tenuta da Indiana Jones. Dall’altra parte del fiume si apre una larga area e solo infilandosi nella vegetazione ci si trova davanti il depuratore, che appare improvviso come una città Maja nella foresta peruviana. C’è un cancello, oramai non più apribile, si vedono le pompe di carico, l’impianto di illuminazione, una grande vasca. Oramai tutto sarà inutilizzabile, ma la Corte dei Conti potrebbe anche scovare il responsabile di tale abbandono. Di tale spreco di danaro pubblico oltre che di danno alla comunità tutta dal momento che l’intera  contrada scarica nel fiume.
 
Scaricano i comuni nei fiumi, quindi, con responsabilità dei sindaci, ma scaricano anche i tanti ristoranti nati negli ultimi anni lungo i fiumi. Ristoranti caratteristici , con belle frescure , dove si mangia bene, ma che alla fine dell’estate, attendono il primo grande temporale, per aprire le porte dei propri pozzi neri , scaricando direttamente nei fiumi. I fiumi diventano allora marrone chiaro, così come diventano marrone chiaro le bellissime onde della prima mareggiata post estiva.
Ma ritorniamo ai depuratori. Mentre il PM Greco sferza le amministrazioni comunali, gli operai della Smeco che gestiscono gli impianti di depurazione sono in guerra per il mancato pagamento dei propri stipendi . La Smeco non paga gli stipendi perché molti comuni non pagano le quote. Molti comuni non pagano le quote perché contestano alla Smeco , ed indirettamente all’Ato, il Consorzio dei comuni creato dalla Regione Calabria  per la metodologia usata nel decidere le quote di pagamento per ogni comune. Anche qui il cane che si morde la coda. Ed anche qui , a a pagare potrebbero essere gli operatori turistici ed i cittadini tutti , se è vero che gli impianti di depurazione non saranno più sotto controllo per gli operai in sciopero. Sarebbe una sciagura vera e propria per tutto il tirreno casentino ed un colpo durissimo al turismo di massa, oltre che , e principalmente all’ambiente marino già minato da tanti altri agenti inquinanti. Come si risolverà la situazione ? Non si sa . Ci sono i soliti incontri sindacali e politici, le solite promesse, poi si vedrà, intanto la stagione è alle porte e le spiagge già danno il tutto esaurito. Se cominciano ad apparire le famose strisce marroni siamo rovinati.  Ma i depuratori, al di là degli scioperi, funzionano al meglio ? Sembra che anche questo dovrebbe appurare l’inchiesta del PM Greco. Rispetto al costo per il funzionamento di un depuratore, e rispetto al controllo su tale funzionamento , tutto risulta essere in regola ? Perché qui prendiamo un altro cane ancora per la coda. Se i depuratori funzionano, se il personale risponde al meglio delle proprie capacità, se il carico è quello giusto, e le quote del comune sono sempre state pagate, perché il mare antistante risulta inquinato ? Perché dalle condotte sottomarine, altro business- furto degli anni 90, esce liquame e mai acqua ben pulita e disinquinata ?  Quando nacque il business delle condotte sottomarine nell’Alto tirreno cosentino, ben duecento miliardi sborsati dalle Comunità Montane di Verbicaro e Paola, si disse che ora finalmente si poteva bere l’acqua che usciva dai depuratori. Non sappiamo se mai qualche sindaco abbia fatto una sciocchezza del genere, a quest’ora sarebbe affetto di qualche malattia virale, ma quello che sappiamo è che il mare era comunque inquinato. E che molte di quelle chiazze provenivano proprio dalle condotte di Scalea, o di Santa Maria del Cedro, o di qualche altro centro. I responsabili dicevano che qualche depuratore andava in tilt e che fino a quando non si riparava il guasto i liquami prendevano il largo attraverso proprio la condotta sottomarina. Immaginate senza condotta ? Tutto i liquami direttamente sulle spiagge. Meglio non vedere niente allora. Ma se il depuratore va in tilt la notte ? Non essendoci controlli notturni, bisognerà aspettare il mattino per cominciare ad intervenire. 
Reso noto dall'agenzia di stampa Dire il Rapporto del Ministero della Salute sullo stato di salute del mare italiano.
“Da un lato lo stato di salute del nostro mare fa fede a parametri vecchi venti anni e ormai inadeguati, dall’altro la possibilità di derogare rende ancor più debole la normativa sulla balneazione”. È questo il commento di Roberto Della Seta, presidente di Legambiente, sui dati del Rapporto di balneazione 2004 del Ministero della Salute resi noti stamane.
“Le analisi riportate dal rapporto - spiega Della Seta – non sono da considerarsi esaustive. I monitoraggi infatti prendono in considerazione batteri e un piccolissimo gruppo di sostanze chimiche, mentre resta fuori tutto un insieme di sostanze – dagli idrocarburi ai metalli pesanti passando per altri veleni, quali per esempio l’arsenico - che possono darti un quadro più esaustivo della salute delle nostre acque. Non solo, – incalza il presidente di Legambiente – altrettanto grave, secondo noi, è che si continui a derogare con decreti e decretini il divieto di balneazione per i limiti di allerta per sostanze quali l’ossigeno disciolto, il ph e la trasparenza”.
Insomma, Legambiente chiede una maggiore trasparenza sia delle acque di balneazione, sia dei criteri che servono a definire lo stato di salute del nostro mare: “Puntiamo su tre cose – conclude Della Seta - sulla speranza che il prossimo anno il Ministero della Salute si ricordi di rendere noti i risultati delle analisi per tempo. Sulla volontà politica di arrivare a criteri che stabiliscano con maggiore certezza quale è lo stato di salute del nostro mare. E più in generale sulla maggior tutela del mare Monstrum non solo dai batteri ma anche dall’inquinamento chimico, dal petrolio e dal cemento”.


LA SAGRA DELLE OPERE INUTILI IN CALABRIA
LE OPERE INUTILIZZABILI E GLI ENTI INUTILI

Elencare le opere inutili in Calabria è di per se un opera impossibile.Sono talmente tante e talmente tanto è stato il fiume di danaro giunto nei nostri paesi che farne un conto o una mappa risulterebbe sempre approssimativo. Ma oggi è necessario farlo proprio per andare alla radice dei nostri mali, capirne il significato ed evitare che a queste se ne aggiungano a lire rovinando ulteriormente il nostro ambiente, scavando nelle cronache del passato, facendo un lavoro di archeologia giornalistica. Più facile è il lavoro sugli enti inutili. Questi nonostante le varie leggi che ne decretavano lo scioglimento, sono ancora ben vivi e ancora succhiano soldi alle nostre casse. Un primo lavoro interessante a proposito delle opere inutili è stato svolto da Ortensio Longo assessore all'ambiente del Comune di Cosenza e vicepresidente di Italia Nostra che in un libro stampato nel gennaio 95 rastrellava in lungo e in largo la Calabria censendo tutto ciò che era inutilizzato ed inutilizzabile. Recentemente, invece la rivista bimestrale Cantiere diretta da Rosanna Grisolia di Lametia terme lanciava un appello all'opinione pubblica calabrese perche si mobilitasse per sciogliere tutti gli enti inutili. Ma andiamo per ordine nella nostra inchiesta.
UNA CATERVA DI DIGHE
La maggior parte delle dighe costruite o in via di costruzione in Calabria sono opere inutilizzate, ancora in cantiere, e che ovunque siano state costruite hanno determinato un grave danno all'ambiente oltre che all'economia. Gli enti che partecipano alla costruzione di una diga sono: Lo Stato che offre il finanziamento attraverso i propri ministeri dell'agricoltura,dell'industria,del cipe e della svimez ; il dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri; la regione; la provincia; la comunità montana; il comune; il consorzio gestore. Troppi enti hanno le mani in pasta a queste opere, e proprio per questo è sempre difficile quantificare il flusso di danaro che passa da un ente all'altro. Ma vediamo un quadro completo delle dighe :
1) DIGA SUL METRANO (prov.RC): è la diga più alta del mondo,104 metri con una capacità di 27 milioni mcubi di acqua, la procura di Palmi ha messo sotto accusa 150 imprese per vari illeciti connessi ai lavori di sbancamento e per legami con la mafia. Sono stati già spesi oltre 500 miliardi.
2)DIGA SUL LORDO(Torrente Pantaleo)prov.RC: Per l'assenza delle opere di canalizzazione a valle della diga l'opera non è compiuta.Sono stati spesi fino ad ora circa 100 miliardi
3) DIGA SUL MONTE MARELLO (torrente Angitola) prov.CZ: 1'opera è finita ma mancano ancora e sono da finanziare le opere di adduzione.
4)DIGA SUL MELITO(prov.CZ): I lavori sono da poco terminati dopo venti anni e dopo aver speso oltre 200 miliardi. L'impianto dovrebbe dare acqua a Catanzaro e irrigare le colline di Lamella e Squillace, ma le opere di canalizzazione mancano ancora e non sono finanziate.
5)DIGA SULL'ALACO(prov.CZ): Per il cedimento di una roccia all'interno di questa imponente diga i lavori sono sospesi. Dopo 9 perizie sono state spesi fino ad oggi circa 100 miliardi.
6) DIGA DI REDISOLE(torrente Fiumarella)prov.CZ: un piccolo invaso finito, ma mancano le opere di canalizzazione
7)DIGA DEL PASSANTE(torrente ALLI)provCZ:informazioni incomplete, ma pare che sia finita.
8)DIGA SUL LAURENZANA(fiume Trionto)prov.CS): La diga è stata finanziata con fondi FIO ,i lavori sono fermi ed è incompleta.
9)DIGA SUL VOTTURINO prov.CS
10)DIGA DI TARSIA prov,CS :
11) DIGA BASSO ESARO prov.CS: Queste tre dighe per uso irriguo sono finite da moltissimi anni ma non sono mai state utilizzate secondo le loro progettualità iniziali per mancanza delle opere di canalizzazione, la Diga del Votturino è stata svuotata perchè dopo venti anni sono stati scoperti dei danni sulla muratura di contenimento delle acque. La confederazione degli agricoltori ha presentato una denuncia alla procura della repubblica di Cosenza per i danni subiti dai contadini che per anni si sono serviti di quel sistema di irrigazione.
12) DIGA SUL MONTE PETTINASCURA(provCS): Per realizzarla sono stati spesi oltre lOOmiliardi ed è stato realizzato solo lo sbarramento. Dovrebbe servire gli agricoltori di San Giovanni in Fiore rimasti senz'acqua a seguito dei lavori per scopi idroelettrici dei laghi di Cecita e Aria Macina. I lavori durati circa 30 anni sono stati più volte sospesi.
13) DIGA SUL MENTA prov.RC:In pieno parco dell'Aspromonte. Una diga inutile, devastante e certamente illegale. Costata centinaia di miliardi l'opera non è ancora terminata
14) DIGA SUL BATTENDIEROprov.CS: Parco pollino
15) DIGA SUL BASSO SAVUTO prov.CS: due piccoli sbarramenti ancora in costruzione
16)DIGA SULL'ALTO ESARO: la diga degli scandali . L'elenco dei politici indagati,delle imprese colluse con la mafia,dei miliardi spesi, sarebbe lunghissimo e meriterebbe un capitolo a parte. Vale una cosa per tutte: dopo una frana prevedibilissimatutto è fermo.
Almeno altre 15 dighe sono in progettazione e nel cassetto di qualche assessore, pronte a venire fuori al minimo finanziamento possibile. In tutto le dighe in Calabria se venissero realizzate sarebbero ben 35. Un lago ogni 50/60mila abitanti. E' logico che tutti questi lavori hanno determinato un grave scempio ambientale in tutta la nostra regione.
A seguito delle costruzioni delle dighe e di molti acquedotti, molti torrenti sono stati prosciugati, fiumi interi scomparsi, altri ancora cementificati, sorgenti millenarie prosciugate interamente, apportando gravi danni alla pastorizia. Senza contare un fiume che non finisce mai e che va sempre nelle solite tasche, che è quello del danaro. E' dell'11 giugno del 93 che il vicepresidente Bova e l'assessore Tripodi hanno dichiarato che il governo ha deciso lo stanziamento di 120 miliardi per il settore idraulico-forestale. Dice Bova che nei prossimi tre anni la regione si avvierà al completamento delle dighe ed alla realizzazione delle reti di distribuzione. Dell'utilità di controllare quali siano le opere utili sulle quali reinvestire il finanziamento non se ne parla proprio. I sindacati esultano.
GLI IMPIANTI SPORTIVI
Altra strada per far arrivare danaro è la costruzione di impianti sportivi. Si sa che lo sport fa bene alla salute, e che i giovani sono assetati di impianti per praticare i propri sport, anche per fermare il dilagare della droga: le relazioni da parte dei comuni per ottenere i finanziamenti sino pieni di queste banalità .
CATANZARO: una piscina a Pontepiccolo con oltre due miliardi di finanziamento non è stata ancora completata. LAMETIA TERME: il comune ha due impianti sportivi: lo stadio di calcio Ippolito e il palasport di via marconi. Entrambi gli impianti nonostante fiumi di danaro ottenuto in varie fasi dagli anni cinquanta in poi non sono ultimati e ovunque vi sono carenze strutturali. L'unica struttura funzionante è la piscina olimpionica ma è privata.
VIBO VALENTIA:mancano assolutamente gli impianti sportivi
CROTONE:Le uniche vere strutture sportive furono quelle di Milone vincitore di numerose olimpiadi. Da allora non s'è fatto niente. Lo stadio Enzio Scida risale agli anni 30 con un terreno di gioco al limite del regolamento. Nel quartiere Tufoloesiste un altro campo di calcio dove i lavori sono fermi dal 75 e nessuno sa perche .
PAOLA: stadio. L 'opera doveva essere consegnata entro il mese di settembre 92,il finanziamento cospicuo di 2 miliardi; è stata costruita solo la tribuna lato mare il resto è ancora fermo.

LA MALASANITA'
Sette come le maledizioni bibbliche sono gli ospedali finiti e mai entrati in funzione: Cassano Ionio, Pizzo, Tropea, Nicotera, Siderno, Girifalco,Rosarno. Sono pure sette gli ospedali attivati solo in parte:Serra San Bruno, S.MarcoArgentano, Lungro, Cittanova, Cetraro,Praia a Mare,Scilla .Trebisacce. Quattro sono quelli eternamente in costruzione : Scalea,Gerace,Lametia Termo Camigliatello. Nonostante questa mole di strutture, la malasanità in Calabria è cronica e nessuno ne sa cacciare le mani, quelli che ne soffrono naturalmente sono i cittadini calabresi che spesso sono costretti a rivolgersi fuori regione con spese maggiori per le ASL e il cittadino stesso. Sono centinaia gli emodializzati in lista d 'attesa, così i malati dell'ospedale psichiatrico di Girifalco e di Reggio ancora funzionanti si può immaginare come. L'elenco di ogni ospedale della Calabria è lunghissimo. In ogni ospedale manca qualcosa, o dal punto di vista di reparti mai aperti, o chiusi, o trasferiti in altre strutture, per non parlare di come sono mantenuti dal punto di vista dell'igiene e della struttura vera e propria.

SCALEA L’ENNESIMA OPERA INUTILIZZATA :

UN OSPEDALE DA 20 MILIARDI


Passando per Scalea lo vedono tutti. E’ una grande struttura simile ad un albergo di prima categoria che svetta su una collina che domina tutta la baia . Una struttura iniziata negli anni settanta e destinata a diventare un ospedale, costata circa venti miliardi, mai definitivamente ultimata e mai di conseguenza completamente consegnata. Anzi ci sono ancora nelle casse della regione altri sei miliardi che dovrebbero servire ad attrezzature ed arredamenti e che a causa di un contenzioso fra alcune ditte, il comune e la regione  non possono ancora essere utilizzati. Ma come mai questo ospedale non può entrare in funzione, si chiedono in molti .
La storia è delle più complicate mai ascoltate nella nostra regione. Una storia che oggi è costituita da una montagna di documenti, delibere, interrogazioni parlamentari, risposte del sindaco, denunce alla magistratura, consigli comunali, manifestazioni politiche.  Ma i fatti parlano da sé. La struttura è ultimata, è pronta per funzionare con i sei miliardi finali, ma è lì ferma in balia anche di vandali che ogni tanto con scorribande al suo interno fanno sparire qualcosa. L’ultimo furto avvenuto nel 1998 è stato il generatore elettrico insieme a tutte le lampade esterne. Un danno di qualche centinaio di milioni. Subito dopo il furto, così come si fece con il tesoro di Sant’Anna si istituì un servizio di guardania, con nuovi esborsi da parte del comune. Ma oltre ai soliti danni si aggiunge la solita beffa ai cittadini. L’ospedale  di Scalea in definitiva  è una struttura centrale che senz’altro sarebbe utile per tutta una fascia di popolazione che in caso di necessità oggi deve rivolgersi alle cliniche private di Belvedere M.mo rappresentando  un costo elevato a posto letto per le casse regionali, o agli ospedali di Praia a Mare e Cetraro, che giorno dopo giorno vedono però ridotte le proprie specialità. Alcuni reparti dell’ospedale di Praia sono in via di chiusura, uno importante che è quello di oculistica è stato già chiuso e  trasferito  a Cetraro. Per trovare attrezzature importanti per la rianimazione, o una camera iperbarica, o un centro trasfusionale, bisogna correre fino a Paola o a Cosenza.
E il contenzioso fra comune e Asl finì nel 1997. Fino a quella data sembrava che la questione fosse irrisolvibile per colpa del comune, che non voleva consegnare l’opera alla regione per via di spese sostenute dal comune stesso e che la regione non voleva riconoscere. Poi nel 1997 il comune si decise a trasferire la struttura all’ASL n1 di Paola e di conseguenza alla Regione.

Le forze politiche che allora erano all’opposizione, Forza Italia in prima fila essendo di Scalea l’on.Bergamo, accusavano, l’amministrazione comunale, allora il sindaco era Pezzotti, di non voler risolvere la questione. Fino a che con una manifestazione pubblica il comune cedette alle richieste dell’ASL consegnando tutto. Ora le cose sono cambiate alla regione c’è il centro-destra e così al comune di Scalea, ma l’ospedale come al solito è ancora inutilizzato lì dove è stato costruito. Chi subisce le conseguenze di tutto questo andazzo come al solito è la comunità. Non esistendo specializzazioni ed attrezzature negli ospedali pubblici ai quali affidarsi, bisogna rivolgersi ai privati, che naturalmente approfittando di questa situazione hanno macchinari di prima scelta nei loro laboratori. Così come le cliniche cosiddette private, in quanto sono convenzionate con la regione ricevendo miliardi ogni anno come rimborso, sono oggi attrezzatissime e sicuramente molto funzionanti con personale scelto ed esperto, hanno tutto l’interesse che la sanità pubblica affondi. E proprio a Belvedere, Scalea, Diamante gli studi specialistici di medicina, fanno affari d’oro, pescando nel vuoto sanitario che si è venuto a creare, e con la certezza anche di non ricevere visite sgradite da parte della finanza, impegnata davanti qualche fruttivendolo o cartoleria, evitano anche di emettere fatture per le visite fatte.
Ultimissime febbraio 2003. La regione Calabria ha stanziato circa due miliardi per trasformare l'Ospedale di Scalea, in un centro di riabiltazione. I lavori dovrebbero iniziare da un momento all'altro. Non si sa ancora se questo centro rientrerà fra le strutture pubbliche o verrà affidato a privati. 
LE INCOMPIUTE
Le opere di difficile classificazione in Calabria ne siamo pieni. Mattatoi,asili nidi,scuole pubbliche,strade senza uscita, è un elenco lunghissimo che sintetizziamo.
CASOLE BRUZIO: Mattatoio consortile : mai finito CETRARO: grande mattatoio consortile sulla strada per S.ianni. Finito ma mai utilizzato
DIAMANTE: mattatoio consortile in pieno parco del Corvino. Terminato si accorgono di non avere l'allaccio alla fogna, tentano un tubo abusivo di scarico nel fiume. Scoperti dagli ambientalisti sono costretti a chiuderlo, inutilizzato ora è usato per deposito mezzi; Mercato coperto sotto il lungomare costruito negli anni settanta. Utilizzato per soli dieci mesi è stato abbandonato e mai utilizzato; Sala Conferenze sotto il lungomare. Utilizzato per pochi anni susseguentemente abbandonata oggni deposito di siringhe; Nuovo mercato coperto, sotto una piazza nuova del paese. mai utilizzato; Scuola materna ali'interno del paese. Mai utilizzata oggi è sede dell'Aias prima della capitaneria di porto; BUONVICINO: casa albergo sulla suggestiva Madonna della neve. Intervento di oltre 1 miliardo iniziata mai terminata ne utilizzata .
SARACENA: A Piano di Novacco costruzione di casa albergo in uno dei pianori più belli del Pollino. Ultimati e mai utilizzati. hanno seguito le alterne vicende delle varie giunte, fino al definitivo abbandono. S.PIETRO DI GUARANO: mattatoio comunale mai utilizzato e ultimat
SCALEA.: UN AVIOSUPERFICE CHE NON RIESCE A DECOLLARE
E' il tormentone dell'estate, l'aviosuperfice di Scalea. Un serpentone di cemento lungo due chilometri e largo trenta metri che spaccherebbe i due una zona periferica tra i comuni di Scalea e Santa Maria del cedro miracolosamente rimasta intatta dalle recenti e passate speculazioni edili. Un serpentone di cemento sul quale a vista, e cioèsenza radar, dovrebbero atterrare piccoli aerei da turismo trasportanti un massimo di 9 persone per volta. Il costo per lo stato è di 25 miliardi. Il progetto è riuscito a passare attraverso i Patti territoriali dell'Alto tirreno cosentino recentemente approvati ed è stato presentato come utile agli aerei della protezione civile, al trasporto di merci di natura agricola, oltre che per lo sbarco di ben 74 mila passeggeri all'anno. Cifre evidentemente gonfiate per ottenere gli altri lasciapassare che invece tardano ad arrivare. Pare che ancora manchi quello del Genio Civile fluviale. L'aviosuperfice dovrebbe sorgere nei pressi del grande Fiume Lao, uno dei fiumi più belli della Calabria, ed uno dei più soggetti a tracimazioni per la sua enorme portata d'acqua. L'esperienza di Soverato ora fa si che al Genio Civile approfondiscano meglio alcune situazioni, che prima invece venivano affrontate con estrema superficialità. Ma quello che veramente bisognerebbe verificare è l'effettiva utilità dell'opera e quello che come si usa dire il costo beneficio. A proposito escono in campo con un documento sia gli ambientalisti di Sinistra verde che lo Slai Cobas di Praia a Mare. Per loro l'accusa è precisa. Si tratta di un avio-truffa.
" Un progetto secondo noi montato ad arte - scrivono Sinistra verde e Slai Cobas-, creato solo per spillare danaro ai vari organismi erogatori di denaro pubblico, e comunque destinato a fallire nella sua inutilità. Tale struttura non è contemplata nel "Piano Nazionale dei Trasporti" ed è appena accennata al punto 4.3 unicamente dal "Piano Regionale" il quale così riporta: "…Analogamente è prevista la realizzazione di un aeroporto d’interesse locale nell’area dell’Alto Tirreno Casentino,in prossimità del Comune di Scalea". E vediamo i dati ufficiali : previsti 74mila passeggeri,1350 tonnellate di trasporto merci e 95 posti di lavoro. Prendiamo i dati dei passeggeri. Bisogna dire che l'aviosuperfice non è altro che un grande pista di cemento che occuperà una lunghezza di 2 chilometri per trenta metri di larghezza per un totale di 260 mila 515 metri quadrati. Su questa pista potranno atterrare solo voli charter o aerotaxi fino ad un massimo di 9 passeggeri ed a vista , cioè senza alcun sistema di assistenza radar ,esclusi, naturalmente quelli in dotazione del pilota dell'aereo. Questo dato del massimo dei nove passeggeri è un requisito di sicurezza scritto nel "Regolamento per l’uso di aviosuperfici per attività di Trasporto Pubblico,Scuola,Lavoro aereo" d’imminente emanazione da parte dell’ENAC,Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, il cui art. 3 recita proprio così: "L'uso di aviosuperfici per attività di trasporto pubblico è consentito esclusivamente per i voli: intracomunitari; in condizioni meteo non inferiori a quelle minime prescritte dalle regole del volo a vista; limitato alle ore diurne; ai soli veivoli di MTOM non superiori a 5700 kg e numero di posti passeggeri non superiori a 9 " e noi sottolineiamo nove. Questo vuol dire che ,- continua il documento- per raggiungere la cifra dichiarata nel progetto , di 74 mila passeggeri, si dovrebbero effettuare su Scalea fino a 8 mila voli all'anno, cioè 23 aerei al giorno! Un intasamento pari all' aereoporto di Malpensa, fatte le debite proporzioni. Il richiamo turistico sarebbe quello di vedere gli aerei che cadono in mare, quelli che si scontrano in cielo, o quelli che finiscono su San Domenico Talao (com’è scritto sulle targhe indicatrici poste nello svincolo di S.Nicola Arcella) o sul Castello di Scalea. Uno scherzo, quello che immaginiamo? senz'altro, ma dietro tutte queste cifre sentiamo l'odore della truffa o almeno quello dell'ennesima opera inutile, pur volendo discolpare i politici che di queste cose non se ne intendono, come afferma senza mezzi termini il giornalista ed esperto di cose aeronautiche Alberto Cunto. Ma non si accorgono i nostri politici che, nonostante le reiterate dichiarazioni, i vertici regionali optano per l’aeroporto (e ripetiamo aeroporto) della Sibaritide, anche perché tale struttura è prevista da tempo dal Piano Regionale dei Trasporti? Si è al cospetto della solita opera opinabile che si costruisce in Calabria, per fare la quale si chiedono centinaia di posti di lavoro per rientrare nelle leggi europee contro la disoccupazione per poi, una volta costruita l'opera, di nuovo tutti disoccupati. E quelli arricchiti restano i proprietari dei terreni venduti, delle ditte appaltatrici, e di coloro che ricevono mazzette per far approvare il progetto e il politicante di turno se ne serve per giungervi con l’aereo executive in periodo di campagna elettorale. Il turismo secondo noi si incentiva in altri modi, intanto governando l'esistente e le risorse che già esistono. Investire nel Parco del Pollino partendo dalla sua storia; lottando per ottenere il Parco Marino; creando le vere strutture che mancano quali la linea ferroviaria ed il trasporto pubblico verso i paesi dell'interno e fra quelli della riviera; incentivando i trasporti, specie quelli su ferro fra la Riviera e l'aereoporto di Lametia , per raggiungere il quale oggi non basta 1 ora e mezza di pericoloso viaggio in auto date le precarie condizioni della SS 18 tirrenica.".
In vista nel tirreno cosentino, quindi l'ennesima opera inutile, se mai sarà finanziata, che si aggiungerà alle tante altre abbandonate e inutilizzate, mentre le effettive strutture di cui tutta la costa tirrenica ha bisogno tardano ad essere progettate e finanziate.
ULTIMISSIME DEL FEBBRAIO 2003: L'aviosuperfice ha iniziato i lavori.Gli sbancamenti hanno già devastato giardini ed il vicino fiume Lao. Si prevede la fine dei lavori entro giugno-luglio di questo anno. 
Novembre 2005: L'aviosuperfice è stata ultimata ma ancora non vi è atterrato un solo aereo
I gabbiani ne hanno preso possesso !

I PORTI DELLE NEBBIE
Il porto e la centrale di Gioia Tauro
Il progetto del porto risale agli inizi del 1974 e nasce come supporto al V centro siderurgico La spesa Iniziale era di 80 miliardi; ma lievitò subito. Alla fine dell’anno era già di 106 miliar­di. Quando iniziarono i lavori dl costruzione, a giugno del 1976 i miliardi diventano 200. Agli inizi degli anni 80, il Governo decide di installare a Gioia Tauro una centrale a carbone di 2640 MW.I costi dell’intera opera crescono rapidamnete e toccano la cifra record di 500 mi­liardi che dopo qualche anno salgono a 800. Il porto è quasi ultimato. E’ costato complessivamente intorno ai 1000 miliardi. I sub appaltiper il trasporto terra vennero gestiti soprattutto dalle imprese mafiose locali che trassero enormi benefici. L'area su cui sorge ora il porto era considerata una delle più fertili della Calabria. Era col­tivata ad agrumeti e vi lavoravano quasi 2000 addetti e 800 lavoratori stagionali.
Il progetto della Contship -  prevede una movimentazione di 8oo mila containers nell’arco di due mesi con un attività destinata a trasformare il porto di Gioia tauroin punto internodale e scalo di interscambio per il traffico con il resto d’Europa.
Sulle nostre spiagge cemento al posto della sabbia
I porti nella Regione, compresi quelli ancora in costruzione sono: Cetraro, Belvedere, Amantea, Diamante, Gizzeria, Pizzo, Vibo, Villa S.Giovanni,Gioia Tauro, Tropea, Palmi e Scilla sul Tirreno, , Reggio, Bava Marina, Marina di Caulonia, Catanzaro Marina, Crotone, Corigliano, Cirò, Sibari, Laghi di Sibari e Trebisacce  nello Jonio.
"Centro Nautico laghi di Sibari"
Nel supplemento al n. 63-1986 del mensile “AD” appariva a pag. 104 questa pubblicità. ". . . oggi la nuova Sibari più che mai ritorna a far parlare di se. Il suo fascino è un importante richiamo per chi vuole trascorrere le vacanze in  relax, al sole, al mare e con la possibilità di approdare con la propria barca nella darsena di­ fronte casa. Raggiungibile via terra; ai laghi di Sibari il turista preferisce arrivare in barca. Un sistema di porte pinciane permette alle imbarcazioni provenienti dal mare l'eccesso alle darsene e al centro nautico, unico in Italia è tra i più attrezzati del Mediterraneo, con un cantiere navale all'avanguardia per ogni tipo di lavoro quale rimessaggio, armamento­.
L'approdo turistico di Paola è in via di finanziamento per circa 60 miliardi.
A pochi chilometri è sorto in pochi mesi un aborto di porto nel comune di Amantea con un finanziamento di 6 miliardi da parte della regione. Tutta la fascia fra Paola e Amantea è interessata da un grave fenomeno erosivo che ha visto scomparire un intera  spiaggia nel comune di San Lucido. Il porto di Cetraro: lavori in corso da più di trent'anni Quando iniziarono a costruirlo eravamo ancora dei ragazzi. Il finanziamento stanziato a suo tempo, 30 anni fa era di 24 miliardi, ma non sono stati sufficienti .Il porto è incompleto: con le mareggiate si insabbia, diventa inagibile e le attività de­glI operatori della pesca si bloccano. L'intervento di rimozione della sabbia ha un costo di circa 300 milioni.
Bova Marina: persi i finanziamenti per il completamento del porto
Il finanziamento è stato perso dalla Regione Calabria e il Comune è deciso ad andare fino in fondo alla ricerca dei responsabili . I lavori erano già iniziati. Invece del porto c’è un moncone di molo e sulla spiaggia enormi massi di cemento depositati dalla ditta costruttrice. Una iniziativa che ha provocato solo danni. Il paese, che vive di turismo, rischia di perdere anche la spiaggia come hanno preannunciato recenti mareggiate
Caulonia spiaggia "rubata" è colpa del porto . Marina di Caulonia aveva fino a qualche anno fa la spiaggia più ampia della Calabria, i ma­rosi di questo inverno le hanno dato il colpo definitivo abbattendo pure il muro costruito tre anni fa a protezione del lungomare e per il quale la magistratura di Locri ha emesso 24 avvisi di garanzia a politici locali, impresari, costruttori e tecnici.
I marosi hanno ridotto la spiaggia e cancel­lato la parte nord del lungomare. Il tratto finale della rete fognaria è stato annullato e circa 500 persone che abitano tra la ferrovia e il mare vivono nel terrone. Nella stessa zona sono ubi­cati un deposito commerciale, un camping, due ristoranti, un albergo e un centro riabilitazione per portatori di handicap.
Il porto, costruito tra Marina di Caulonia e Roccella lonica, è sul banco degli imputati. A Caulonia ne sono convinti. Il mare ha sempre "rubato" la spiaggia, ma tornata la bonaccia l'ha poi restituita, Il porto è stato costruito non nella terra ferma, ma proiettando le sue strutture all'interno delle acque marine non tenendo conto delle correnti. In paese si sono rivolti agli organi competenti regionali, ma non hanno ot­tenuto nessuna risposta. La spiaggia - sostengono a Caulonia - ha cominciato a ridursi dopo la costruzione del porto, soprattutto quando le correnti si muovono in direzione nord-sud, da Catanzaro verso Reggio Calabria La sabbia viene sospinta fino allo sbarramento artificiale di Roccella e lì si deposita. Quando le correnti hanno direzione inversa è lo stesso sbarramento che non con­sente alla sabbia di ritornare nel luogo di partenza.
A Caulonia chiedono che la Regione intervenga e in fretta prima che il mare aggredisca le abitazioni. Il consiglio comunale è ricorso alla magistratura. Qualcuno ha anche suggerito la costruzione di un cavalcavia tra la ferrovia e il mare o, comunque, che si metta in atto un piano regolatore che tenda conto di ciò che si è verificato.
Sul porto di Diamante vedi articoli su pagina “Il grilloparlante”

PAOLA: INTERVISTA AL GEOLOGO MADAFFARI SUL PORTO DI PAOLA


Siamo  a Paola per parlare con Rosario Madaffari, geologo e responsabile per il WWF del settore “Erosione e portualità” e cercare di capire meglio le motivazioni dell’opposizione da parte dell’associazione ambientalista alla costruzione dei porti nel Tirreno cosentino.
D: Nei programmi della Regione Calabria la voce turismo occupa uno spazio considerevole e con esso tutte quelle iniziative infrastrutturali strettamente collegate, tra queste rientrano senz'altro i porti turistici. Nel dare corso a questo tipo di linea programmatica l'Amministrazione comunale di Paola ha ormai da tempo fatto redigere un dettagliato progetto per la realizzazione di un approdo turistico da destinare alla nautica di diporto. Sulla questione, strettamente legate ad altre iniziative analoghe - vedi porto Turistico di Amantea e al più ampio discorso dell'erosione costiera, si è più volte detto e scritto. Ma rimanendo ancora nel caso specifico, qual è la posizione del WWF in merito all'inserimento di quest'opera in un ambiente costiero già seriamente compromesso ?  Da cosa può derivare quest'attuale "necessità" della costruzione del porto?
R: In gioco ci sono molti fattori: le aspettative del Comune che nella creazione del porto vede un grande vantaggio “turistico - economico", l'eventuale interesse di consorzi e società sugli appalti, le pressioni delle imprese costruttrici, ecc
D: Si tratta di una scelta economicamente corretta?
R: Non sarebbe compito nostro, che rappresentiamo il mondo ambientalista, rispondere a questa domanda, tuttavia possiamo dire che l'impegno di spesa previsto per realizzare il porto di Paola supera i 51 miliardi di lire, che siano troppi o pochi non è facile stabilirlo, duole però considerare che, sicuramente, una cifra analoga da destinare magari ad un progetto di rinaturalizzazione di un tratto di costa non verrebbe mai stanziata. In ogni caso riteniamo che sarebbe più corretto stanziare i fondi destinati a tale comparto per rendere fruibili e sicuri i porti esistenti e intervenire per attenuare l'impatto ambientale dei medesimi.
D: Esiste una valutazione di impatto ambientale dell'opera ?
R: Si, per quanto possa essere un po' troppo generico esiste uno studio di questo tipo. E’ già tanto se si pensa che, purtroppo il Decreto 377/88 richiede le valutazioni soltanto per i porti commerciali ed il porto turistico, qualunque sia la sua dimensione, non ne è assoggettato con il rischio di creare strutture fortemente inquinanti e pericolose per l'integrità costiera.
D: Insomma, i porti turistici, come quello in progetto, provocano impatti ambientali?E di che tipo?
R: I porti turistici provocano eccome impatti ambientali e questi crescono con il crescere delle dimensioni e del numero di funzioni sciolte nell'ambito del porto turistico stesso. La loro tipologia dipende comunque, oltre che dal porto in quanto tale, dalle infrastrutture ricettive, sovrastrutture e servizi di cui si avvale il porto; un degrado enorme sia dal punto di vista paesaggistico, che per il grande fenomeno di erosione che si verrebbe inesorabilmente a creare lungo la costa, per non parlare dei rischi di distruzione delle residue praterie di Posidonia oceanica se il porto con le operazioni ad esso connesse vanno ad interferire con la delicata biologia di queste preziose formazioni vegetali.
D: Ecco, abbiamo or ora toccato il tasto più dolente: l'erosione costiera, da questo punto di vista la nostra costa e già sottoposta a tensioni considerevoli. L'inserimento di una struttura cosi costante che conseguenze potrebbe comportare sulle dinamiche del litorale ?
R: Questa domanda richiede una risposta alquanto articolata e all'apparenza "prolissa” tuttavia essendo la questione più importante è bene che si dia un quadro completo. Vediamo innanzitutto che il progetto prevede la realizzazione di un porto del tipo "a bacino” ricavato ciò in parte scavando nella terraferma ed in parte mediante opere aggettanti in mare . La più importante di queste e senz'altro il molo di sovrafluttoche, a completamento, raggiungerà la lunghezza di 800 metri circa. L'imboccatura sarà rivolta a sud. Com'è noto il trasporto solido longitudinale sulla costa tirrenica è prevalente da Nord a Sud. Siccome il molo sovraflutto intercetterà integralmente il materiale sottoposto alla deriva litoranea e che è stato valutato in 25000 metri cubi annui. Ciò significa che la spiaggia a Nord dell'opera subirà un progressivo avanzamento che i progettisti valutano in 65 metri dopo 2 anni ed in 150 metri dopo 11 anni. Dopo tale intervallo di tempo, senza provvedimento alcuno, i sedimenti si muoverebbero lungo il molo fino a raggiungere l'imboccatura. Il tratto a sud del porto è già "difeso" dai pennelli a "T” realizzati dalle Ferrovie dello Stato. Tali opere hanno bloccato il flusso del trasporto solido e sembra che occorreranno almeno 25 anni affinchè, le celle si riempiano ripristinando il trasporto a sud,cioè oltre la zona di San Lucido. Tutto ciò qualora il porto non venga realizzato. In presenza dell'opera invece si rende necessario un sistema di by-pass che impedisce al materiale di accumularsi a ridosso del molo, privando così le celle del necessario rifornimento di sabbie e ghiaie ed aumentando i rischi di insabbiamento dell'imboccatura , del porto stesso. Un by-pass costituito da impianti fissi di pompaggio è da escludere a priori ,visti i costi di gestione abbastanza elevati, resta l'alternativa degli ordinari mezzi per il movimento terra, ivi compresi gli autocarri con i quali i materiali raccolti verrebbero scaricati a sud, ove se ne sente di più il bisogno. Ipotesi, belle ipotesi. Esperienze del genere in Italia sono praticate unicamente nel caso di qualche grande porto commerciale, nel caso di un porto turistico si avrebbero grossi impatti nella gestione delle risorse con conseguente perdita di competitività.


CI SONO ANCHE ENTI INUTILI
Ma non esistono solo opere inutili in Calabria, ma anche enti inutili. Si è fatto carico di controllare il lungo elenco la direttrice della rivista "Cantiere", Rosanna Grisolia, che attraverso il giornale ha lanciato un appello alla classe politica ed intellettuale calabrese perchè questi enti vengano definitivamente sciolti.

ARSSA (Agenzia regionale per lo sviluppo ed i servizi in agricoltura)istituita con legge regionale nel dicembre 93 avrebbe dovuto riformare il vecchio ente di sviluppo agricolo ,ESAC. Invece non è cambiato nulla. Le vecchie strutture costate centinaia di miliardi rimangono inutilizzate. Se si riuscisse a chiudere l'ARSSA continuando a pagare tutti gli stipendi ai dipendenti si risparmierebbero circa 30 miliardi all'anno.
CONSORZIO DI BONIFICA Sibari-Media valle del Crati. Attraverso questo ente sono state finanziate dighe ed invasi mai completati (vedi elenco precedente). Attualmenteil consorzio non riesce a pagare i dipendenti mentre sta pagando cifre superiori ai 100 miliardi per la progettazione di opere mai iniziate.
-FINCALABRIA. Società finanziaria della regione nata nel 1986 per consentire la partecipazione della stessa al capitale azionario di imprese calabresi in difficoltà. Nobile compito, ma dopo 13 anni non è stato realizzato nessun intervento di questo tipo. Pagano solo le indennità,tramite gli interessi, ai membri del consiglio d'amministrazione e del collegio sindacale.
-AFOR (azienda per le foreste regionali). Istituita con legge regionale nell'ottobre del 92 per sopprimere i 22 enti forestali calabresi, oggi gli enti operanti sono diventati 26 e circa 50 miliardi all'anno vengono spesi per tenerli in vita.
-APT(Aziende provinciali per il turismo), nel 96 la regione approva l'abolizione delle 5 APT regionali. Nasce l'Azienda regionale e si costituiscono 5 comitati con il compito di coordinare le aziende provinciali con quelle regionali.
Altri enti presi di mira da CANTIERE sono la TELCAL(consorzio telematico Calabria); il CUD(consorzio per 1'università a distanza). E così conclude l'inchiesta di Cantiere : basterebbe sciogliere questi enti e altri enti regionali per risparmiare 150 miliardi ogni anno senza licenziare i dipendenti.
Io aggiungo che se a questo risparmio si aggiungesse un registro regionale dove si dimostra l'UTILITÀ' dell'Opera prima ancora che venga finanziata si risparmierebbe ancora di più.
A cura di Francesco Cirillo e Ortenzio Longo
I mali della Calabria
le inchieste di cui nessuno parla
*IL SACCO DI SAN NICOLA ARCELLA
su uno dei più incantevoli luoghi della Calabria una colata di cemento
I pirati bisertini, guidati dal terribile Dragut Rays, dagli inizi del 1500 fino al 1560 , attraverso le loro incursioni , fecero meno danni nel territorio di San Nicola di quanto , i nuovi pirati, questa volta italiani, stanno facendo oggi. La torre di guardia, detta di San Nicola, posta su un bellissimo promontorio fece un ottimo lavoro. Grazie alla sua posizione  strategica in cui era stata sapientemente costruita dai normanni, avvistava in tempo l’arrivo dei pirati dal sud e aveva il tempo il torreggiano di avvertire gli abitanti  del luogo, i quali ben armati si mostravano coraggiosi alle navi pirati, che preferivano allontanarsi. Lo stesso non avviene oggi . Nella torre non abita nessun torreggiano e nessuno avverte del pericolo imminente quando squadre di nuovi pirati armati di  ruspe, betoniere, gru e forti di colate di cemento inarrestabili,  fanno scempio di un territorio rimasto incontaminato per millenni. Anzi i nuovi pirati, a differenza di quelli vecchi, che non trovarono mai  collaboratori sul territorio, hanno sempre trovato, sindaci, assessori, soprintendenti, segretari di partito, portaborse, ministri, consiglieri regionali e provinciali, ben disposti ad approvare delibere ad hoc per nuovi alberghi, leggi speciali da aggirare, cavilli burocratici per attirare nuovi finanziamenti per opere mai terminate. San Nicola è un esempio lampante di quanto premesso e di quanto avviene su tutto il territorio calabrese.

  Le vecchie speculazioni
San Nicola è come una bella ragazza, adagiata su uno scoglio a prendere il sole . C’è chi vorrebbe conoscerla per amarla, portarla a ballare, scriverle belle poesie. C’è chi invece vorrebbe averla per se, impossessarsene, ed al suo rifiuto violentarla. Le bellezze particolari di cui gode San Nicola Arcella fanno sì che gli interessi di speculatori vi si avventino. Le calette particolari, l’acqua azzurra unica nella costa, gli scogli, le grotte, le collinette a discesa fino alla spiaggia, vorrebbero restare tali, per tutti, per dare beneficio a tutti . Ed invece c’è chi vuole tutto per sé ed al minimo rifiuto violenta le grotte entrandovi con piroscafi a motore, distrugge le colline raspandole con le ruspe, sventra le montagne buttandovi cemento. Uno dei primi violenti interventi speculativi fu su un intera colina dove sorge un enorme albergo a forma di astronave, chiamato Hotel Bridge. Attorno all’enorme disco volante sorge un villaggio fatto di piccole abitazioni abbarbicato sulla collina. Un affare per gli imprenditori dell’epoca, ma fallimentare dal punto di vista della gestione. Non sembra a tutt’oggi che goda di buona salute, dopo una serie di vicissitudini anche di carattere giudiziario.  Scarsa ogni estate  l’affluenza turistica nella struttura che ha cercato anche di diventare centro congressi ospitando diverse convention nazionali, compresa una di magistrati. E a tutti i magistrati convenuti sarebbe bastato affacciarsi dall’enorme terrazza dell’ Hotel per vedere sotto i loro piedi scempi inimmaginabili.
il villaggio sequestrato
Le ville sul mare

Le ville dei vip si addossano una sull’altra come in una corsa a chi riesce a giungere prima al mare. Un dedalo di viuzze strettissime che portano a una serie di ville famose. Quella della famiglia Misasi la più conosciuta, ma anche quelle di  professionisti di grido della Cosenza che conta hanno tutti la propria bella casa con tanto di targa in ceramica , affissa sul cancello, dedicata alla figlia o alla moglie. Queste ville hanno un po’ tutte i propri accessi personali al mare. Scalette in cemento come serpenti si dirigono al mare. Cancelli chiudono ed impediscono passaggi pubblici di millenni. Calette splendide diventano dependance delle ville, diventando di fatto private. Nessuno si avventura in quelle stradelle strette che scendono al mare e cartelli di “Divieto di passaggio” chissà quanto legali  scoraggiano qualche sprovveduto turista di passaggio. Le ville hanno tutti i posti auto chiusi con lucchetti e giardini ben curati. Sembra che in uno di questi bei giardini, abbiano fatto bella mostra dei cannoncini ripescati proprio a pochi metri di profondità del mare. Pare che si tratti di uno dei due cannoni caduti in mare dalla fregata Hydra in missione d'appoggio ai borboni, una delle tre navi della squadra dell'ammiraglio britannico William Sidney Smith, seriamente danneggiata nel 1814 da un cannone francese postato sulla torre di Fiuzzi.
scalette di cemento verso il mare
Le ville avranno cannoncini in bella vista e bei fiori, ma mancano di  pozzi neri e molti di questi spesso tracimano in canali che portano verso il  mare. Ma su san Nicola le mire speculative non sono ferme a queste “vecchie”speculazioni alle quali tutti abbiamo fatto l’occhio. Ogni giorno ne nascono di nuove. E l’amministrazione attuale retta dal sindaco Adelmo Giuseppe Leone non dimostra particolare avversione a che nuove speculazioni nascano sul territorio. Anzi ne stimola sempre di nuove. Lo dimostra la presenza nella sua giunta fino a poco tempo fa , del Presidente dei Patti territoriali, Domenico Donadio. Una carica incompatibile dimostrata tale dalla ferrea opposizione  consiliare, composta da tre consiglieri di una Lista civica, che dopo una dettagliata denuncia lo ha costretto alle dimissioni prima da assessore e poi da consigliere .
I patti territoriali.

Più che patti territoriali sono stati patti scellerati che hanno usato il nostro territorio come cantiere per nuovi investimenti in strutture alberghiere o comunque legati ad un turismo oramai saturo su tutta la costa . Ci sarebbe stato bisogno di ben altro. Interventi mirati per la rivalutazione del territorio, la riqualificazione verso i paesi dell’interno, cercando di spostare i flussi turistici verso i centri storici ridotti oramai all’abbandono totale. Si è andati sul sicuro. Due alberghi a Grisolia lido, l’aviosuperfice a Scalea, alberghi a San Nicola e a Praia a Mare. 
Ed ecco di nuovo i pirati all’attacco. Una società, la Immobiliare Mediterranea, è proprietaria di circa 1 milione di mq di territorio sannicolese. Una potenza latifondista di stile sudamericano che vuole cementificare tutto il suo terreno a disposizione. Compra e vende ovunque ed ha possibilità economiche incredibili, riuscendo a trasformare tutto quello che tocca in cemento. E punta sulla collina che da direttamente su una bellissima baia. Qui la Provincia prima dice di no adducendo motivazioni di carattere ambientale valide per tutto il territorio di san Nicola. Ma poi basta che quest’albergo si sposti di poche centinaia di metri più in alto per far dire di si.  A catena arrivano tutte le altre autorizzazioni l’ultima quella del consiglio comunale convocato appositamente. Nel consiglio comunale solo la minoranza per bocca del capogruppo Luigi De Luca dice di no. Nel motivare il suo No , Luigi De Luca, insieme al consigliere Antonio Fazzolari,  spiegano  tutte le  perplessità all’approvazione di tale devastante progetto. Dalla mancanza di approvvigionamento idrico nella zona in questione e quindi al conseguenziale aggravio sulla rete di san Nicola già debole di per sé, all’impatto ambientale che si aggiunge già a quello terribile esistente dell’Hotel Bridge, alla mancanza di nuovi posti di lavoro.La minoranza di san Nicola si era già fatta conoscere nella costa , attraverso la stampa e le denunce pubbliche , per la forte opposizione ad un'altra creatura dell’Amministrazione comunale. E cioè il complesso turistico in contrada Marinella a pochi metri dal mare . Anche qui tortuose delibere hanno concesso la possibilità a costruire a pochi metri dal mare.Per seguire gli eventi cementificatori di san Nicola ci sarebbe bisogno di un intervento massiccio da parte della Magistratura paolana alla quale , la minoranza si è rivolta con circostanziate denunce riguardo al villaggio di Marinella. Ma è intervenuta solo per un bisticcio fra condomini. Un villaggio nuovo costruito di fronte ad un vecchio villaggio ha fatto suscitare le ire di tutto il condominio che si è vista togliere la vista della bellissima baia. Anche qui, tutto concesso, tutto autorizzato, tutti ciechi a non vedere quando questo villaggio sorgeva dal nulla. Dopo la denuncia dei privati, ecco l’intervento del magistrato e il sequestro dell’intero villaggio. Resta al momento l’unico caso.Le ville non hanno risparmiato neanche la Torre San Nicola, quella torre che tanto piaceva al poeta inglese Crawford e simbolo nello stesso stendardo di San Nicola. Qui amava dormire, il poeta. Amava svegliarsi all’alba per vedere sorgere il sole e aveva fatto costruire a pochi metri dal mare, nella piccola baia al lato della torre , un piccolo pozzo in pietra dove lui stesso aveva scoperto una sorgente di acqua potabile. Una targa in marmo ricorda questa memorabile opera utile fin da allora per i pescatori di san Nicola.
Sullo sfondo la torre di San Nicola detta di Crafword in primo piano l'assalto delle ville 
Il comune non è stato in grado neanche di acquistare la Torre ,sfruttando il diritto di prelazione , postagli in vendita da un privato per soli trecento milioni. Ora la Torre appartiene ad un vicino già proprietario di una stupenda villa posta a due passi dalla torre. La torre ora è circondata da erbacce ed è difficile accedervi. Qualcuno vi ha posto un cartello di proprietà privata anche qui. E quanto prima questa torre diventerà una dependance della villa vicina, o un piccolo barretto per i turisti con buona pace del sindaco Leone che non si è accorto di tale vendita.

                  Il Palazzo del Principe la madre di tutti gli imbrogli
A pochi metri dalla Torre san Nicola ecco sorgere un altro storico manufatto costruito nel XVIII secolo dal Principe Spinelli Lanza. E’ da questo vecchio rudere posto su un bellissimo promontorio dal quale si vede tutta la baia di San Nicola e l’Isola di Dino ,  abbandonato per secoli, che a qualcuno scaltro e con buone ammanigliature in quel di Roma, viene in mente di sfruttarlo come base di finanziamento personale. Nasce così, quasi dal nulla, il Palazzo del Principe. Una delibera del CIPE nel dicembre 1989 ne autorizza il finanziamento ed arrivano così alla società immobiliare concessionaria dell’immobile per conto del Ministero dei beni Ambientali ben 12.miliardi e 472. milioni. Una cifra spaventosa per quegli anni. Cifra che avrebbe dovuto levitare fino a 27 miliardi. Ma il meccanismo si è inceppato. La giunta di allora retta dal sindaco Biagio Arieta non ci sta a vedersi espropriare dal Ministero un bene fino ad allora considerato del Comune , e inizia una raffica di denunce e di delibere di giunta per fermare tale scempio “ristrutturativo”. Nel progetto era prevista la creazione anche di un grande teatro a pochi passi dal Palazzo ed una serie di altre strutture ricettive. All’interno di tutto questo il figlio dell’ex ministro Riccardo Misasi, Maurizio. Di professione attore evidentemente pensava di costruire a pochi metri dalla sua villa una sua possibilità di gestione teatrale, creando un centro culturale di valenza internazionale. I soldi arrivarono e il palazzo cominciò a prendere una sua forma. Ma arrivò anche l’inchiesta della magistratura paolana e con essa gli arresti. Le agenzie ansa di tutta Italia batterono i nomi degli arrestati.  

“Ansa del 7 luglio 1993.

“I carabinieri della compagnia di Scalea hanno arrestato stasera Maurizio Misasi di 35 anni figlio dell’on.Misasi, democristiano ex ministro della pubblica istruzione.
 Con Misasi è stato arrestato Aldo Ceccarelli di 59 anni, sovrintendente regionale ai beni culturali e ambientali della Calabria. L’arresto di Misasi e Ceccarelli è stato
 fatto in esecuzione di un ordine di custodia cautelare emesso dal Gip del Tribunale  di Paola Gaetano Eboli su richiesta del Sostituto Procuratore della Repubblica 

Francesco Greco. L' arresto di Ceccarelli e di Misasi, secondo quanto si e' appreso, si collega all' inchiesta avviata da alcuni mesi dalla Procura della Repubblica del 

Tribunale di Paola, sotto le direttive del procuratore Tommaso Arnone, sui presunti illeciti connessi ai lavori di ristrutturazione del ''Palazzo del Principe'' di San Nicola 
Arcella. I lavori di ristrutturazione sono stati eseguiti con un finanziamento Fio per circa 28 miliardi di lire. Secondo quanto emerso dalle indagini, nella vicenda ci sarebbe

ro stati episodi di corruzione in relazione alla concessione e all' utilizzo del finanziamento  con fondi Fio. Misasi, in particolare, secondo l' accusa, avrebbe svolto un ruolo di 

mediazione. L' operazione che ha portato all' arresto di Ceccarelli e Misasi e' stata diretta dal comandante della compagnia di Scalea dei carabinieri, capitano Angelo 

Giurgola. Il Palazzo del Principe -  riporta sempre una nota ansa- è di proprietà di una società di Napoli, la Mediterranea spa che aveva incassato l’indennizzo per 
l’esproprio del monumento in base alla valutazione fatta dall’Ufficio tecnico erariale  di Cosenza. L’esproprio tra l’altro sarebbe stato definito quando già i fondi FIO erano

 stati erogati per evitare i rischi di una possibile mancata concessione del finanziamento”.

Fin qui la nuda cronaca di quegli anni che coinvolse altri grandi personaggi dell’epoca.
Ma di quell’inchiesta oggi non resta nulla e pochi ricordano di quanto è avvenuto. 
Tutti gli imputati ottennero gli arresti domiciliari da lì a qualche settimana ed essendo 

stato tirato in ballo nell’inchiesta anche l’ex ministro Misasi, il tribunale dei Ministri 
avocò a sé tutta l’inchiesta scippandola di fatto al Tribunale di Paola. 
Nel 97 i reati vennero prescritti e sia il Tribunale dei ministri che quello della Procura 

di Roma avviò l’archiviazione del caso. Il Palazzo del principe però è sempre lì. 

I segni dell’abbandono sono evidenti . 
Anche se il sindaco Adelmo Leone dice che i lavori continuano e che la ditta 
Co.edina ancora resta la concessionaria dell’appalto, tuttora in corso. 
Alla Soprintendenza di Cosenza l’arch.Bitonto risponde che i lavori sono in corso e 
che non è vero quello che si dice che il Palazzo sia in abbandono. 
Anzi a  dimostrazione di ciò il sindaco ha dichiarato che sono in arrivo altri 

600 milioni perché il Palazzo possa essere completamente terminato  e consegnato.
 Ma quello che vediamo e mostriamo nelle foto non sembra il segno di un attività 

lavorativa. Gru e betoniere arrugginite, segni di vandalismo un po’ ovunque, una 
staccionata bruciata e tanti , tantissimi documenti della ditta, del comune, del Ministero

dei Beni Ambientali lasciati in alcune stanze totalmente alla portata di tutti.
Bisogna uscire subito dal Palazzo del Principe, non per paura di qualche sorvegliante,

 che non c’è mai, ma per lo sconforto e l’angoscia che viene a vedere tanta bellezza
 abbandonata a se stessa. E solo a poche centinaia di metri da questa opera 
abbandonata ne esiste un'altra.  E’ il centro per gli anziani.  Una struttura costata 
alla Regione Calabria ben due miliardi, completamente ultimata, anche questa da 

ben due anni è abbandonata. Ma forse non ci sono anziani ci si  chiede o potrebbero
 rappresentare una nota stonata in quel territorio. Li immaginate questi vecchietti 

portati a spasso con le loro  carrozzelle, fra i vip in villeggiatura nelle sfarzose ville  
a schiera e i ricchi turisti destinati ad affollare i mega alberghi della zona , dopo essere
 atterrati con i jet personali sull’aviosuperfice di Scalea ? 

Una vista davvero fastidiosa !      
 
     La casa per gli anziani a San Nicola A. (CS)
                     L'inchiesta completa è stata pubblicata sul        settimanale indipendente della Calabria Mezzeuro il 18 maggio 2002
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L’EROSIONE DELLE COSTE IN CALABRIA
Se avessimo una classe politica seria, che veramente pensasse al futuro della nostra regione, alle prospettive turistiche e ad uno sviluppo non legato essenzialmente all'edilizia, dopo aver letto il rapporto della LEGAMBIENTE sullo stato delle nostre coste, avrebbe fatto un salto sulla propria poltrona e convocato immediatamente un tavolo di lavoro con gli ambientalisti, gli operatori turistici, e tecnici consapevoli e professionalmente capaci della problematica legata all'erosione costiera.
Ma purtroppo così non è, e finche esisterà questa classe politica nata nei salotti dei partiti, nelle anticamere degli assessorati, o nei sotto incarichi delle varie commissioni regionali, tutto continuerà come sempre, e fino a quando il fondo del barile non sarà completamente grattato.
Ma al di là delle considerazioni di carattere politico, cerchiamo di conoscere il problema da vicino.
L’ALLARME EROSIONE
Più del 30% dell'Italia rischia di essere inghiottita dall'effetto erosione. L'allarme viene lanciato dalla Legambiente che ha monitorato tutte le coste italiane alla vigilia della stagione balneare 1999. "Il problema dell'erosione costiera -ha dichiarato Ermete Realacci,presidente nazionale della Legambiente- interessa gran parte dei litorali italiani.Responsabile del fenomeno,oltre ai fattori naturali,è la cattiva gestione antropica del territorio". Naturalmente la maglia nera spetta alla Calabria. I circa 690 chilometri del litorale sono divisi fra Tirreno(246 km) e lo Ionio (440 km). A rischio maggiore la fascia tirrenica mentre nella costa ionica le spiagge minacciate sono nella zona meridionale, dove sono irrigidite da insiedamente urbani e strade.
LE CAUSE E LE RESPONSABILITÀ'
1°) LA SPECULAZIONE EDILIZIA
La gestione delle spiagge, dei fiumi, di tutto il territorio negli anni 70/80 è stata completamente gestita da costruttori e speculatori di ogni risma. La costa tirrenica è stata completamente terra di conquista del potere democristiano e socialista fin dagli anni cinquanta. Solo in qualche comune dell'interno, come Verbicaro.o Grisolia,o Orsomarso era possibile intravedere qualche bandiera rossa, per il resto era tutto bianco e rosa. Il potere democristiano ha trovato terra fertile in complicità palesi o nascoste in tutti i poteri costituiti. Quando la speculazione è esplosa negli anni 70/80, con l'enorme domanda turistica proveniente dalla Campania, il legame con il riciclaggio del danaro mafioso, ed il diretto investimento di capitale proveniente da attività mafioso di altre parti della regione, era completamente saldato. A questa saldatura contribuì anche la richiesta di confino da parte di magistrati della provincia di Reggio e del napoletano per noti mafiosi appartenenti a potenti famiglie della n'drangheta e della camorra che arrivarono a Santa Maria del cedro, Scalea, Praia a Mare, Paola. Lungo ogni fiume della costa tirrenica si aprirono impianti per il prelievo della sabbia, così come di notte camion di ditte mafioso facevano da spola dalla spiaggia direttamente ai cantieri senza mai essere visti ne fermati da chicchesia. La speculazione di allora è oggi sotto gli occhi di tutti, così come tutti gli omicidi che avvennero in quegli anni, oltre cinquanta,legati essenzialmente a questo ambiente , tra Paola e Scalea, quasi tutti impuniti e senza colpevoli.
2°) LO STRASCICO
I fondali della costa tirrenica posseggono una ricchezza senza rivali in quasi tutti i mari dell'Italia. Un amazzonia nascosta,fra fondali, scogliere bellissime,insenature piene di pesci, coralli,gorgonie: è la POSIDONIA (VEDI SCHEDA).
Una pianta vera e propria che ha una funzione molto semplice. Produrre ossigeno per i pesci e mantenere fermi con le proprie radici i fondali. Tra Scalea e Diamante, fra Belvedere e Cittadella del Capo ed ancora fino a Pizzo, sono estesissime le praterie di posidonia, e rappresentano uno spettacolo unico da vedere .oltre che una ricchezza infinita. Ma purtroppo proprio per essere, anche sede di migliaia e migliaia di pesci che la attraversano per il cibo che vi trovano, diventano terreno fertile per la pesca a strascico, che per prendere pesci in abbondanza con le reti le setacciano e quindi le distruggono.
E' come se i cacciatori per prendere falchi, aquilotti, nibbi, e altri specie rapaci, bruciassero o tagliassero i boschi per farli uscire dai loro nidi e spararli in tranquillità. Sarebbe uno scandalo nazionale e tutti i giornali, i verdi,! gialli,! vari presidenti delle varie commissioni che si occupano di ambiente, griderebbero allo scandalo e ne chiederebbero il fermo. Ma per la posidonia tutto questo non succede.I pescherecci partono tranquillamente dal porto di Vibo o Cetraro o Maratea e nessuno li ferma o controlla nella loro pesca. La Posidonia è li sotto il mare e nessuna la vede e spesso pochissimi la conoscono. Ma il mare e la natura fanno il proprio corso. Ed il fondale senza posidonia si rende libero dalle correnti, ne potenzia la forza in alcune parti, in altre le devia e quindi ne cambia il corso, creando il fenomeno dell'erosione oltre che dando maggiore forza al mare durante le terribili mareggiate invernali.
3°) LA DIFESA DURA
Dopo la prima fortissima mareggiata dell'85 e la completa devastazione di tutta la costa tirrenica, con miliardi e miliardi di danni ,il potere politico di allora si accorse del fenomeno e cerco dei ripari.Centinaia di ville, tratti interi di rete ferroviaria, alberghi, campeggi furono distrutti ed invasi dalla furia della mareggiata; ma anche in questo caso, nonostante le varie proteste dei gruppi ambientalisti di allora, cercò di trovarci un guadagno.
L'Ente ferrovie dello Stato investì oltre cento miliardi per difendere la propria linea ferroviaria, e incaricò progettisti pagati fior di milioni per difenderla. All’interno del progetto, si fecero avanti tutte le esigenze dei vip cosentini, degli speculatori napoletani, di mafiosi calabresi,di politici, che avevano le loro ville .abusive, costruite su aree demaniali, e fecero di tutto perche anche loro fossero difesi dalla furia dei marosi. E così fu. Le ditte vincitrici degli appalti cominciarono a buttare massi in cemento, pietre delle montagne provenienti da cave spesso abusive, alla rinfusa,senza studi batimetrici ne sedimentologiche, e naturalmente senza capirne le reali entità e forze delle correnti. Le spiagge di Cetraro, Belvedere, Campora, Paola, San Lucido furono coperte da tonnellate di massi in cemento e pietre da cava. In parte il fenomeno rallentò in alcuni punti ma aumentò di molto in altri e così via, fino a che tutte le barriere vennero sommerse o neutralizzate, e le spiagge iniziarono a sparire. Così centinaia di miliardi vennero gettati a mare. Il fenomeno delle cave contribuì anche a portare nuovi guadagni a ditte in odore di mafia, che immediatamente si accaparrarono tutti gli appalti. Dopo le spiagge cominciarono a distruggersi decine e decine di montagne, alcune importanti come la Roccia Lapirusa di Grisolia,o i calanchi di Belvedere M.mo e diverse grotte del tirreno abitate mille anni fa dai monaci basiliani. L1incremento del traffico per il trasporto dei massi,dalle cave fino a mare, determinò, diverse proteste da parte della popolazione tirrenica,specie dopo la morte nel 87, di un giovane di Diamante schiacciato nei pressi di Belvedere proprio da un masso sbalzato da un camion in mezzo la strada.
Un omicidio bianco premeditato, che non fermò minimamente la corsa alle cave.

I RIMEDI
A parte tutte le chiacchiere dei politici qualcosa è possibile farla, ma occorre farla subito.
1°) Chiudere tutti gli impianti di prelievo lungo i fiumi, e controllare tutta la situazione olografica dei fiumi stessi dalle sorgenti alle foci, eliminando tutti gli impedimenti creati dall'uomo (dighe irrigue,la ghetti per ristoranti, deviazioni varie, etc ..).
2°) Barriere artificiali con substrati rigidi sommersi. Installate dopo uno studio batimetrico in determinati fondali, è l'unico mezzo per bloccare lo strascico, dal momento che le capiianierie di porto non hanno mezzi necessari ne volontà per una controllo continuo.
3°) IL parco marino della Riviera dei cedri. Una proposta di legge presentata cinque anni fa giacente in qualche cassetto del ministro dell'ambiente, renderebbe protetta una vasta area che va da Tortora a Cittadella del capo e quindi il recupero delle stesse spiagge . Nel progetto del Parco della Riviera sono previste aree protette attorno sia all'isola di Girella che a quella di Dino, così come la difesa dell'intera prateria di posidonia lungo la fascia tirrenica.
4°) Il blocco dei porti. Uno studio serio su vasca dovrebbe stabilire dove è possibile costruire un porto. Due le strutture esistenti sulla zona tirrenica, Diamante e Cetraro, potrebbero bastare o forse no; comunque dovrebbe essere uno studio serio a stabilire la vera situazione. Non possono essere i sindaci ed i politici a dire quanti porti servono (solo nel tirreno ne dovrebbero sorgere cinque nuovi- a Tortora, Scalea, Belvedere, Paola e Amantea).
LA SCHEDA:
LA POSIDONIA
II Mediterraneo respira sempre più a fatica. Le Posidonie,vero polmone verde del nostro mare,boccheggiano attaccate dall1inquinamento costiero e dallo strascico. La Posidonia, come comunemente si crede, non è un alga, ma una pianta vera e propria appartenente alla famiglia delle sanerogama. Cioè è una pianta superiore con semi e fiori,che ha abbandonato circa cento milioni di anni YTk terre emerse per colonizzare i fondali sabbiosi. Le sue grandi praterie che tappezzano le coste fino a 40 metri di profondità si meritano l'appellativo di Amazzonia del mare: un metro quadrato di questo tappeto verde può produrre ogni ora 1200 centimetri cubi di ossigeno. nell'Adriatico la Posidonia è quasi scomparsa e nel tirreno le praterie si sono molto ridotte. La preoccupazione per la scomparsa delle Posidonie è giustificata dal fatto che oltre a produrre ossigeno anche con pochissima luce,questa pianta è un anello fondamentale dell'eco sistema del mediterraneo. I suoi cuscini di foglie frenano I*impatto del moto ondoso e assorbono il 60/70 per cento dell'energia delle correnti,proteggendo così le coste dall'erosione. E per la distruzione di un metro di spessore del manto di foglie,la spiaggia puiò arretrare anche di una ventina di metri. Inoltre la Posidonia fornisce vitto e alloggio a 350 specie di pesci,molluschi,crostacei,spugne e alghe microscopiche che si ancorano alle foglie, lo scorfano,la salpa,il dentice,il sarago,sono ospiti fissi della Posidonia. Ed è proprio per questo che la pesca a strascico preferisce le praterie di Posidonia. Pur essendoci una legge che stabilisce che questa pesca può essere praticata a più di tré miglia dalla costa o al di sotto dei cinquanta metri di profondità.

Fonte.

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